26. MISTER
FORMICA
La donna vive spesso stati
di pura “intelligenza emotiva”. Si sa. In abbondanza e molto più dell’uomo. Del
resto, nascere donna è un privilegio di natura. Perché una donna è un essere
umano, ma anche qualcosa di più: in lei, ragione ed emozione si fondono in
meravigliosi melting-pot.
Sì, anche l’uomo vive di
ragione-emozione: ma in lui, queste due “forze di natura” sembrano andare
ciascuna per la propria strada. L’uomo agisce con la ragione in certe
situazioni e con il sentimento in altre. La donna no: non fa distinzione. Lei
agisce sempre con la “ragione del sentimento” (oppure… l’“emozione nella
ragione”?).
La Gatta pensa ed agisce
come una donna. Ma nutrendosi anche di natura felina, in lei il sentimento si
trasforma in puro istinto. Altro che ragione….
Salutate Luna e Dea (o Lunadea, tout court), la Gatta lancia
un’occhiatina ulteriore al quadro della nonna ed esce di casa per andare nel
suo studio-pensatoio. Niente tacchi oggi! Ballerine meravigliosamente comode per
piedi in crisi post-crampi e un bel chissenefrega per lo stilista Leo che
dovrà incontrare di lì a poco! Tanto Leo non è mai d’accordo con le sue mises! C’è sempre qualcosa
che non va.
Infatti. Appena lo stilista
entra nello studio della Gatta, squadra la ragazza facendole una tac. Si blocca
sulla porta, emettendo un: “Caspiterina! Che dolore mi dai! Basta con le ballerine!
Sono scarpe da papera, antiche come le piramidi….”
Ma poi Leo incrocia gli
occhi della Gatta: un prato verde in preda ad un incendio. Per cui tace. E si
siede nella poltrona di velluto rosso accanto alla finestra. Del resto è
l’unica seduta libera: sopra sedie e poltrone, ovunque (pavimento compreso), ci
sono pile di riviste, campioni di stoffe insieme a mille altri oggetti trovati dal robivecchi all’angolo (e non
solo).
Il robivecchi: un tipo
niente male. Nel quartiere lo chiamano tutti Mister Formica perché compra,
accatasta e conserva nel suo magazzino quintali di cose di ogni genere. Pure una ghigliottina francese periodo rivoluzione (probabile
patacca perché non taglia neppure il salame). Ma la Gatta da lui acquista solo
oggetti mignon, da riutilizzare nelle sue tante creazioni, dall’abbigliamento
all’arredo. E, almeno per ora, la ghigliottina non le serve. Ingombra.
“Cara la mia Gatta, oggi
sono in crisi di creatività….” Leo sospira, chiude gli occhi, si allunga e si stiracchia
sulla poltrona.
“Caro il mio Leo, non
parliamo di crisi! Io posso mettere su una rivendita di crisi pret-à-porter!” risponde la Gatta, mentre si muove velocemente
nella stanza in cerca del suo album da disegno
“Volevo farti vedere gli schizzi
per la stanza del bimbetto Malasorte, ma non trovo nulla.”
“Come sempre!” Leo azzarda,
ma prontamente rimedia “Cioè no: volevo dire che, come sempre, disegni nel tuo
album e non su fogliacci qua e là come faccio io….”
“Trovato l’album dentro il
frigobar!” esclama esultante la Gatta.
E Leo, questa volta animato
da spirito di sopravvivenza, ora si limita a pensare: “Dentro il frigobar? Anche
questo è ovvio! Mi devo rassegnare: è fatta così! Lei lascia i disegni al
fresco….”
“Parliamone” propone Leo a
voce alta.
“Di cosa? Dei miei
disegni?” chiede la Gatta
“No. Delle crisi in genere:
delle crisi creative, delle crisi esistenziali, delle crisi d’amore, delle
crisi…” Leo inizia un elenco infinito.
“Sì, anche della crisi
globale. Leoooo! Svegliati e torna in te! Sembri un posseduto. Vuoi parlare di
crisi? Ti accontento. Io ho una crisi da fantasmi, una crisi da colpo di
fulmine e una crisi da conto corrente in rosso. Ti basta? Anzi. Quand’è che mi
paghi il lavoro finito e consegnato due mesi fa? Almeno risolvo una crisi su
tre!” e la Gatta ora è davvero contenta della piega che sta prendendo la
conversazione, perché le ha dato una bella opportunità. Su un piatto d’argento.
Leo è tanto caro e buono, ma quando si parla di soldi si trasforma in un
tirchio da guinness.
“Presto. Sì. Presto ti
pago. Don’t worry….” Leo è imbarazzato e con una virata da Coppa America
prosegue “parlami delle altre tue crisi….”
Manco a dirlo. La
Gatta non si fa mai pregare. E inizia il
resoconto dettagliato degli ultimi giorni, comprensivo di ogni fatto e
fatterello, focalizzando soprattutto sulla storia dei quadri della nonna.
Al termine, senza più
salivazione, apre il frigobar custode della sua arte e tira fuori due succhi
plurivitaminici. Bevuta silenziosa. I due tacciono. Chissà se pensano o se
stanno solo riposando la materia grigia. Stand by. Ma il silenzio è presto
interrotto perché la Gatta in genere riesce a tacere solo per qualche attimo.
“Sarebbe carino
confrontarci tutti durante una cena. Noi due, Lunadea, la Regina Madre, il
professore (senza pappagallo) e… ma dai sì: anche il Duca. Così poi potrei
chiedere il vostro parere su di lui. Non che ne abbia bisogno. No. Io so sempre
cosa fare. Posso ragionare da sola e adottare le mie belle decisioni. Lo
inviterei solo per farlo conoscere anche a voi!” la Gatta propone.
“Scusa, ma parli di questo
tizio come se te lo dovessi sposare! Ma che decisione? Di cosa? Vivi tutto in
modo troppo eccessivo, coinvolgente. Rilassati!” risponde Leo.
“Ma senti chi parla! Quando
devi adottare una decisione, continui a
rivolgerti a tua madre! Non sai neppure cuocerti un uovo da solo! Sei il
classico cocco di mamma!” e la Gatta apre la finestra per raffreddare i
bollori.
“Okkkay. Scusa. Facciamo la
pace. L’idea della cena è super. Anche perché ultimamente esco poco e ho voglia
di distrarmi un po’. Ti aiuto io. Faremo
una cena bellissima, scenografica, chic….”
lo stilista tenta un armistizio.
Dalla finestra entrano
rumori di ogni tipo e la Gatta si lascia un po’ cullare da quell’odiato-amato
sottofondo cittadino. A volte vorrebbe vivere in un’isola deserta, ma poi come
farebbe senza gli amici, il cellulare,
le chat, il dentifricio, la macchinetta del caffè espresso e la lima delle
unghie? Meglio rimanere nella civiltà. Almeno finché non inventano un’isola
deserta ad hoc per lei.
“Bene. Allora facciamo
questa cena! Poi fissiamo una data. Adesso però vieni con me da Mister Formica
che mi ha parlato di una sciabola spagnola del Seicento!” decide la Gatta.
“E cosa te ne faresti di
una sciabola, se è lecito domandare?” chiede leggermente esasperato Leo.
“Nulla. Mi serve solo come
decoro di questa parete. Comunque potrei sempre usarla anche come arma di difesa
contro gli stilisti inopportuni!” e la Gatta ridacchia divertita “Però
tranquillizzati, non la comprerò: sono senza pecunia!”
I due ragazzi escono dallo
studio e si dirigono a braccetto, quasi saltellando, verso la bottega del robivecchi.
Eccolo sulla porta a fumare un grosso sigaro cubano: una figura magra magra,
con un camice nero. Sembra proprio una formica. Forse lo è stato in un’altra
vita.
“Ciao Mister! E’ arrivata la sciabola spagnola?” chiede la
Gatta entrando quasi correndo nel negozio.
Tutto lì è polveroso,
accatastato, indistinguibile e indistinto: quel materiale ha la forma di un
leviatano biblico. Un mostro fatto di tanti corpi. Ma la Gatta riesce a vedere
in quel luogo qualcosa di magico, di fiabesco, di irreale. La luce filtra
appena appena dalle finestre centenarie, con vetri ricoperti di strati di
sporco antico. Ma anche quello fa parte della scenografia: sembra la tana di un
orco.
“Gatta! Se non fosse che ho
amato tua nonna come si ama la Venere del Botticelli, non ti farei più entrare
nel mio regno! Sei sempre un cataclisma e ogni volta rompi qualcosa!” Mister Formica spenge il sigaro e lo ripone
dentro una scatola di cuoio, con delicatezza, come se fosse una reliquia. Lo
guarda anche, come per promettergli un prossimo appuntamento e poi aggiunge: “No,
la spada spagnola non è arrivata e comunque so che tanto non hai soldi per
comprarla. L’ho promessa a un tipo qui in città che non ha problemi nei
pagamenti: un collezionista, un vero estimatore, un signore d’altri tempi! Compra
quadri, spade, arazzi e pezzi d’arte di ogni epoca….”
“Mister Formica! Cosa ne
sai delle mie possibilità economiche?” chiede stizzita la Gatta “Io posso
comprare anche tutta la tua bottega!”
Leo esce dal negozio per
non ridere in faccia alla Gatta e non acutizzare la situazione. Ma poi ci
ripensa e velocemente si rituffa in quell’atmosfera lugubre, esclamando:
“Gatta! Un attimo! Questo collezionista forse potrebbe conoscere la storia dei quadri di nonna
Ginevra….”
“Di cosa state parlando voi
due matti?” chiede la formica travestita da uomo.
“Mi servono nome, cognome e
indirizzo di questo tipo!” dice con fare perentorio la Gatta, rivolgendosi al
robivecchi.
“Ma non se ne parla
proprio! Io sono come un padre confessore, come un avvocato, come un medico.
Devo mantenere il segreto professionale!” protesta l’uomo-insetto.
“Ti pago!” e la Gatta,
costretta dalla necessità, usa la carta
vincente.
“Se ne può discutere: va bene! Sai che quando parli così mi
intenerisco!” Mister Formica si siede sulla sua vecchia sedia traballante.
“Sì, so che quando parlo di
soldi diventi dolcissimo!” la Gatta ironizza.
Ma è Leo a pagare. Così la
Gatta ottiene su un foglietto di quaderno un nome, un cognome e un indirizzo.
Forse niente. Forse un tassello in più di quel puzzle complicato.
E mentre escono dal
negozio polveroso e buio come un tunnel, la Gatta pensa: “nonna Ginevra, se Dea
ha ragione, sei tu che mi hai portato qui oggi! Quindi, avanti tutta….”