La Gatta, una favola moderna .....

LA GATTA, UNA FAVOLA MODERNA


La Gatta vi dà il benvenuto....

La Gatta potrà essere la vostra amica virtuale nei giorni di pioggia, nei momenti di solitudine...

La Gatta proverà a farvi sorridere con le sue stranezze, con le sue piccole follie...


Potete comunicare con la Gatta, inviando mail a: lagattabybarbara@gmail.com

L'indice dei singoli Capitoli è nell'Archivio in fondo alla pagina blog.... lì troverete anche i primi Capitoli....

Buona lettura :)



mercoledì 28 dicembre 2011

La Gatta © by Barbara Giorgi - 18 capitolo

18.   LA  MALEDIZIONE  DELLA   MAGA


Una seduta spiritica non è un’avventura da poco. Intanto, è bene essere proprio convinti di farla, perché c’è il rischio che qualche fantasma inopportuno si piazzi in casa e non se ne vada più (come sostengono il professor Astrolabio e quella grande tuttologa di Dea). E la cosa può essere poco divertente, perché ci sono fantasmi benevoli e fantasmi….. un po’ inquieti. Quindi si deve organizzare tutto per bene,  come stabilito dall’antico “Papiropersianomagicomillenario”. Anche detto P.P.M.M.. Anche detto ”l’Infallibile”. Anche detto semplicemente “il Papiro”.  
Questo prezioso documento fu redatto da un gruppo di espertissimi maghi del lontano Oriente, in epoca indefinita. Per secoli è stato riprodotto in varie copie da pazienti amanuensi ed oggi è certamente quello più in voga tra i maghi trendy.  

La Maga Circe adotta da anni il P.P.M.M., con ottimi risultati. Appena entrata in casa della Gatta, la medium tira fuori dalla sua enorme sacca proprio questo foglio giallastro. E’ avvolto su un osso di giraffa ed è chiuso da una treccia di crine di cavallo. La Maga srotola il Papiro: è grande circa un metro quadrato ed è rifinito ai bordi con striscioline di pelle di lucertola. I quattro angoli sono evidenziati da mazzetti di piume di pappagallo (Galileo, nel vederle, inizia ad agitarsi….).
“Ma quante povere bestioline hanno massacrato per fare questo fogliaccio?” pensa subito la Gatta, lanciando uno sguardo di comprensione al pappagallo Galileo. Altro punto a sfavore della medium.
“Bene! Adesso vi istruisco sul da farsi! Seguiremo le regole dettate dal Papiro!” sentenzia la Maga, indicando trionfante la misteriosa carta.
“Il pennuto parlante potrebbe disturbare, ma sarò magnanima e permetto la sua presenza. Ci sono principi fondamentali da rispettare. Primo: dobbiamo usare un tavolino tondo a tre gambe. Secondo: dovete sedervi e appoggiare le mani sul tavolo, formando un cerchio. Terzo: servono silenzio assoluto e concentrazione. Quarto: se qualcuno è malato di cuore è pregato di andarsene!” e così la Maga enuncia le regole del rito. Poi inizia a verificare l’ambiente per poter circoscrivere il sito esatto della seduta, mentre un pesante silenzio si propaga nella stanza e ramifica ovunque come un’edera. Uno, due…. dieci secondi.
La Regina Madre rompe il silenzio: ”Sì, va bene. Diamoci da fare. Gattina mia, dov’è il tavolo tondo a tre gambe?”
La Gatta fissa la Regina Madre: ma lei non ha mai avuto in casa un tavolo con tre gambe! Il suo tavolo ne ha quattro! Ed è rettangolare!
“Qui non ci sono tavoli così…. mammina cara…..” Luna risponde al posto della Gatta.
“Ho un’idea fantastica! Solo io potevo avere un’idea così! Sono troppo intelligente! Seghiamo una gamba a quel brutto tavolaccio dove mangi!” e Dea esprime una volta di più la sua grande capacità nel problem solving.
“Ma che soluzione meravigliosa! E dove la trovi una sega?” controbatte lo spirito pratico di Luna.
“Ohi! Bimbe! Ma siete matte? Il problema non è dove trovo una sega! Il problema è che il mio tavolo mi piace così com’è! Non voglio un tavolo con tre gambe! E poi come lo sistemo dopo?” la Gatta  protesta a gran voce,  mentre il professore annuisce in silenzio e Galileo sbatacchia le ali in segno di approvazione.
“Ma è semplice: dopo la seduta, incolliamo la gamba…. oppure al suo posto ci metti una pila di libri! Originalissimo! Fa molto stile alternativo!” Dea arricchisce la sua fantastica proposta, ma  Luna e la Gatta la fulminano entrambe con sguardi poco affettuosi. 
L’idea del tavolino a tre gambe non passa. La Maga si deve rassegnare, con evidente malanimo. Il tavolo dovrà essere necessariamente quello dell’angolo cottura, a quattro gambe, senza interventi vandalici a suo carico.
La Maga riapre la sacca, ripone il Papiro e tira fuori tutto il necessario per la seduta. Innanzi tutto, purifica l’ambiente con incenso e il fumo di una piccola candela bianca. Poi dispone ed accende sette grandi candele: tre  sulle mensole e quattro sul pavimento, delimitando così lo spazio magico. Infine appoggia sul tavolo la panchette, un foglio di carta con le lettere dell’alfabeto, i numeri da zero a nove e le risposte “si” e “no”. Accanto al foglio pone una grande moneta d’oro, con incise parole incomprensibili. Forse sono antiche formule magiche.
Durante tutti questi preparativi, la Gatta e il resto della compagnia osservano i movimenti della Maga, bisbigliando tra loro. Ogni tanto la tensione è rotta dalle risate squillanti di Dea e dai soliti “ciao” del pappagallo (su decisione del professore, in caso di disturbo durante la seduta,  Galileo sarà allontanato dal sito magico).
“E’ tutto  pronto! Possiamo iniziare la seduta! Mancano cinque minuti a mezzanotte…. che è l’ora preferita da vampiri e fantasmi!” così la Maga dà il  via alle danze.
“Che c’entrano i vampiri?” pensa la Gatta, rabbrividendo un po’, mentre la mente le ripropone l’immagine del piccolo lord seguace di Dracula.
La Maga continua ad impartire ordini e il gruppo, ormai succube dell’atmosfera ansiogena e del carisma della medium, obbedisce senza fiatare. Anche Galileo ha smesso di parlare: agita solo il capo come se dovesse fare esercizi di stretching.
La stanza è poco illuminata: le fiammelle danzanti delle candele creano giochi di ombre e luci sulle pareti. L’incenso - probabilmente mischiato a chissà quale altra essenza - ormai è penetrato nelle narici ed è arrivato fino ai più profondi meandri del cervello, quasi stordendo i sensi.
Il gruppo si siede intorno al tavolo. Sopra il piano, tutti posizionano le mani l’uno accanto all’altro, cercando di formare un cerchio. Nel mezzo del tavolo, la panchette e la moneta. La Maga appoggia la mano destra sopra la moneta e inizia a muoverla lentamente sul foglio di carta: la sposta formando dei piccoli cerchi, in senso orario ed antiorario.
La Gatta respira molto velocemente. Osserva gli amici e nota uno strano pallore in quei volti: forse per la luce biancastra diffusa dalle candele, forse per la paura che sta serpeggiando nell’aria.
La Maga invita tutti a ripetere una formula magica in una lingua antica e sconosciuta. La formula è ripetuta per ben sette volte. Poi riprende i movimenti rotatori e inizia a parlare.
“Nonna Ginevra, nonna Ginevra…. ci sei? Se sei tra noi, dacci un segno….” la medium pronuncia queste parole a gran voce, scegliendo i toni più bassi e cupi delle sue corde vocali.
Silenzio. Ancora silenzio. La Maga inizia a ripetere all’infinito il suo invito alla nonna, mentre i cinque partecipanti tacciono immobili, pallidi e raggelati come iceberg.
Ad un tratto, il movimento rotatorio della moneta si fa più veloce, sempre più veloce. La Maga ha gli occhi chiusi e fa strane smorfie di dolore: ”La moneta è incandescente!” grida, agitando tutto il corpo sulla povera sedia che la sorregge a fatica.
Poi la moneta rallenta il suo giro impazzito e si sofferma lentamente su una serie di lettere, componendo man mano il nome Ginevra. Tutti sono impietriti. La tentazione di alzarsi, uscire dalla casa, dal quartiere ed entrare in un bar affollatissimo di essere umani viventi, in carne ed ossa, possibilmente molto allegri e rumorosi…. è grande! A mezzanotte ci sarà pure un bar aperto per ordinare un litro di caffè e svegliarsi da quell’incubo!
Ma una strana calamita li inchioda lì: probabilmente è una semplice assenza di sangue nelle vene, di ossigeno al cervello, di capacità di raziocinio. Solo l’adrenalina li tiene in vita.
“Sei nonna Ginevra?” domanda la Maga.
“Sì” la moneta compone la risposta.
La Gatta inizia a tremare visibilmente e a guardare gli amici in cerca di una condivisione delle emozioni. Luna e Dea fissano a bocca aperta la moneta e non muovono un pelo. Il professore è troppo concentrato (anche perché teme le reazioni di Galileo). La Regina Madre invece ricambia lo sguardo della Gatta e tenta di sorriderle per tranquillizzarla. Un tenue sorriso che arriva dritto al cuore della ragazza e accende una fiammella nel ghiaccio che ormai la invade.
“Vuoi dirci come stai?” chiede la Maga.
“Bene” risponde ancora la moneta.
“Vuoi dire qualcosa alla Gatta?” la Maga tenta approcci più significativi.
“Amore” cinque lettere che la moneta indica lentamente.
La Gatta vorrebbe piangere, ma non può, perché l’emozione preponderante adesso è solo la paura.
Improvvisamente, il pennuto Galileo inizia a muovere la sua cresta e parla: ”bugia! bugia! ….” ripete una, due, dieci volte.
La Maga lo guarda stranita. Ma ecco che Galileo si solleva in volo dalla spalla del professore, piomba come un meteorite sul turbante della Maga e inizia a beccarlo furiosamente. Pezzetti di stoffa dorata volano ovunque, mentre la Maga si alza di scatto dalla sedia, cercando di colpire il pappagallo senza essere ferita nelle mani. Il professore rompe il cerchio e si precipita verso quella strana coppia di esseri: vorrebbe togliere Galileo dal turbante, ma non riesce ad afferrarlo perché la Maga lo sovrasta di mezzo metro. Luna e Dea, contente della fine di quell’esperienza troppo impegnativa, ridono come due matte, fino alle lacrime. La Regina Madre rimane seduta e ferma: lei teme i pennuti! Che ci pensi il professore a salvare la Maga!
La Gatta, sinceramente, non sa proprio che fare. E’ più alta del professore ed arriverebbe ad afferrare Galileo, ma….  con l’unico barlume di razionalità che le è rimasto, riflette qualche nano secondo su quanto ha detto il pappagallo: “bugia!”
Forse aveva ragione il professore quando ha ipotizzato l’uso del pappagallo da parte della nonna come “canale di comunicazione” con loro? Bugia perché? Perché la Maga Circe è, appunto, solo una grandissima bugiarda? Una millantatrice?  Una medium falsissima come i suoi gioielli-patacca? Ebbè…. allora che se la sbrighi lei con il pappagallo! E se le becca un dito (magari quello con l’anello a teschio) le sta pure bene!
In quella lotta furibonda, la fattucchiera ha la peggio: scivola sulla cera colata dalle candele e cade a terra come un masso. Il turbante salta via dal capo.... insieme alla parrucca rosso fuoco. La sua povera testa rimane senza la finta chioma fluente e mostra qualche decina di capelli neri asfittici e  morenti.
Galileo, svolazza via, tutto contento di aver potuto  vendicare i poveri pappagalli sacrificati per il decoro del Papiro. Il professore riprende il pennuto: saluta in fretta tutti, imbarazzatissimo e un po’ frastornato per l’accaduto. E torna velocemente a casa, chiudendo a doppia mandata la porta, nel caso di ritorsioni da parte della dama spelacchiata.
La Maga sembra impazzita dalla rabbia: inizia a gridare contro la Gatta e le altre donne. Parla velocemente: non si comprende nulla di ciò che dice.
La Regina Madre cerca di riportare l’ambiente ad una condizione di normalità. Spenge le candele e le ripone nella sacca della Maga. Vi aggiunge il turbante devastato e malconcio, con annessa la parrucca color fuoco. Infine, porge un bicchier d’acqua alla Maga, per farla tranquillizzare un po’. Quest'ultima lo afferra e con un gesto plateale svuota il contenuto addosso alla Gatta.
L’esperta dell’occulto, ormai paonazza in volto e gonfia d’ira, fissa la Gatta negli occhi, urlando a gran voce: ”Tuuuuuu! Gatta malefica! Tu! Hai reso ridicola questa seduta! Io ti maledico! D’ora in poi questa casa non avrà più pace! Le anime dei morti sono giunte! Le anime dei morti ti puniranno!”
Mentre le quattro donne tornano nuovamente in uno stato pietrificato, la Maga afferra la sacca e come un’onda crescente di tsunami, devastante e incontenibile, si dirige verso la porta della mansarda,  capovolgendo qualsiasi ostacolo al suo addio definitivo e inappellabile a quel luogo da lei maledetto....  

mercoledì 14 dicembre 2011

La Gatta © by Barbara Giorgi - 17 capitolo

17.  LA  MAGA  CIRCE  &  CO.

Ogni giorno la nostra vita si incrocia con altre vite, a noi spesso sconosciute (o quasi): incontri di sguardi, qualche grazie o salve qua e là. Se va bene un sorriso, se va male una smorfia sarcastica. Dalla commessa del negozio all’addetto della pompa di benzina, dal cassiere di banca al vigile urbano. A volte queste “altre vite” entrano dentro la nostra senza tanti preamboli, senza chiedere il permesso. Possono essere incontri piacevoli, delicati e dolci come una fragolina di bosco, come un cioccolatino. Oppure possono essere pesantucci….  come un’impepata di cozze.

La vita della Gatta è una di quelle esistenze caratterizzate da incontri. Forse perché lei adora conoscere nuove persone (stimola la sua creatività). O forse perché lei è proprio una gatta curiosa, di nome e di fatto. E oggi, più che mai, non vede l’ora di incontrare la famosissima, competentissima, misteriosissima, fascinosissima (così dicono) Maga Circe. La Gatta ha spesso sentito parlare di questa esperta dell’occulto, ma non ha mai avuto il piacere di vederla, neppure in fotografia.
La Maga Circe, ex signorina Cesira, amica della Regina Madre, è un soggetto quanto mai fiabesco: alta come un corazziere, imponente come una lottatrice sumo, con capelli color rosso fuoco, occhi neri come la pece.  Ad ogni seduta spiritica si presenta truccata come una maschera del teatro greco, con vestiti da mille e una notte e quintali di gioielli-patacche di vari colori e modelli (il più minimal è un anello con teschio dorato che si estende per due falangi dell’anulare destro). Uno spettacolo di donna. Un concentrato di magia pret-à-porter. La potenziale figlia di Maga Magò e Mago Merlino.
La Maga Circe stasera va a casa della Gatta ma, come prassi, riceve i clienti nella sua pittoresca abitazione: un antico appartamento nel centro storico della città, a circa duecento metri dal Palazzo Malasorte. La sua casa sembra una grande scenografia teatrale:  dalla zona giorno alla camera da letto è tutto un  susseguirsi di drappi, veli, lampade ad olio (tipo quella di Aladino), enormi candelabri intarsiati, tappeti orientali sui pavimenti e appesi alle pareti, mobili cinesi di lacca rosso-oro e strane statue con volti grotteschi che rappresentano demoni. Odore di incenso ovunque. Un luogo alquanto inquietante. Ma instillare nel cliente un po’ d’ansia, aiuta senz’altro ad ottenere senza polemiche il prezzo richiesto per ogni consulto. E la Maga, con la sua attività,  riesce a vivere una vita niente male, togliendosi pure alcuni sfizi, come una villa nelle Isole Vergini (ottimo paradiso fiscale) e un piccolo yacht di seconda mano. Questa è dunque la nuova “amica” che la Gatta dovrà incontrare: quella che l’aiuterà a contattare nonna Ginevra. Finalmente.
Terminato il suo impegno di lavoro al Palazzo Malasorte, la Gatta saluta il piccolo lord seguace di Dracula (tenuto a debita distanza), il conte e l’amico stilista,  confermando la sua disponibilità per l’incarico proposto. Si dirige dunque verso casa, con la mente che saltella da un pensiero all’altro. Ormai l’ora fissata per la seduta spiritica si sta avvicinando e lei si sente combattuta tra due diversi stati d’animo: da una parte teme uno scambio di opinioni con l’anima della nonna (sarà tenera con lei oppure …..?), dall’altra è  eccitata all’idea di entrare in contatto con un’altra dimensione, con un mondo sconosciuto, ultraterreno,  misterioso. Con questa altalena di sentimenti, appena arrivata nella mansarda, la Gatta inizia a  riflettere sulla preparazione di un ambiente adatto ad una seduta spiritica. Già…. come deve essere organizzato, arredato, strutturato un luogo idoneo a ricevere anime? Cioè, non è che sia necessario preparare il servizio buono per il the (quello Limoges), né si deve tassativamente passare l’aspirapolvere e la cera sui pavimenti. I fantasmi, probabilmente, non badano a queste finezze e non hanno fisime da casalinga disperata. E allora cosa si può fare per ricevere degnamente delle anime vaganti? La Gatta decide di telefonare alle amiche: forse loro, conoscendo la Maga Circe,  possono consigliarla per il meglio.
“Luna, tesoro, ho un problema!  Non so cosa devo preparare per la seduta spiritica! Devo comprare delle candele? Ne ho qualcuna, ma no so se basta! Serve un registratore per la voce della nonna? Devo comprare delle carte tipo tarocchi?” la Gatta parla tutta d’un fiato. L’ansia inizia a svolazzare nell’aria.
“Tesoruccio! Stai tranqui! Va tutto ok! Lascia perdere candele, tarocchi e quant’altro. L’attrezzatura necessaria la porta la Maga con sé. Tu devi pensare solo a rilassarti….” e Luna, con tutta la dolcezza possibile, riesce a far riprendere un po’ di fiato alla Gatta.
Ma Dea strappa letteralmente il telefono dalla mano della sorella: “Ehi tu! Come va? Hai una tanica di acqua benedetta in casa? Perché se arrivano degli spiriti dannati poi ti si piazzano ovunque, anche nel frigorifero in mezzo alle fette di prosciutto! E non te ne liberi piùùùùùùù….” e Dea inizia a sghignazzare senza pietà per l’amica.
“Ma sei la solita fusa!  Un acaro ha più cervello di te! Ed è sicuramente meno dannoso!” Luna riprende il cellulare, rassicura ancora la Gatta e chiude con un “ti voglio tanto benissimissimo!”.
Vabbè. Nessuna preparazione ambientale. Quindi? La Gatta decide di rilassarsi un po’ sul divano, in attesa della magica serata. E si addormenta: in sogno rivede ancora  la nonna con un gatto nero. La nonna le sorride. Il gatto no…. sghignazza come Dea….
Ad un tratto, il campanello della porta suona. La Gatta si sveglia di colpo, si guarda intorno stranita come dopo un viaggio aereo ultraoceanico: effetto jet lag. Un po’ barcollando e con gli occhi sgranati per svegliarsi ben bene, si avvicina alla porta di ingresso.
“Chi è?” chiede senza guardare dallo spioncino.
“Ciao carissima. Sono il professore….” una voce bassa e gentile le risponde oltre la porta.
La Gatta apre e si trova davanti il professor Astrolabio con il pappagallo Galileo ben posizionato sulla spalla destra. Il pappagallo muove la testa avanti e indietro: le piume sul capo si alzano, formando una  cresta colorata. Sembra uno strano galletto.
“Ciao” dice il pappagallo-galletto. E ripete “ciao ciao ciao ciao….”
“Silenzio!” comanda il professore e Galileo, educatamente, tace.
“Siamo venuti, io e il mio amico pennuto, per la tua seduta spiritica. Ho pensato di portare con me Galileo perché non si sa mai: magari l’anima della nonna potrebbe scegliere lui come canale di comunicazione….” il professore giustifica così la presenza del pappagallo. Una ben strana presenza in una seduta spiritica.
“Salve professore. Grazie di essere qui. Beh! Per Galileo non saprei…. però mi fido di lei. Sì, potrebbe essere utile….” e la Gatta con un cenno della mano invita il professore ad entrare.
Mentre i due si accomodano e iniziano a parlare di ipotesi varie sull’aldilà, il campanello suona di nuovo. Effettivamente sono le ventidue: l’ora stabilita per l’evento.
La porta si apre nuovamente e la Gatta si ritrova davanti un gruppetto molto vivace: parlano tutti insieme, contemporaneamente. Anzi, tutte. Perché sono quattro donne: ma non sono quattro donne normali, regolari, sensate. Sono la Regina Madre, le due amiche Luna e Dea e la fantastica Maga Circe, probabilmente scesa or ora da un tappeto volante.
“Sssssalve….” sussurra la Gatta, certa di non essere né vista né ascoltata da quel gruppo variopinto e  rumoroso. Infatti le quattro donzelle (si fa per dire) non la degnano di un minimo sguardo. Ciascuna è intenta a portare avanti un proprio monologo, senza ascoltare le altre:  come in una torre di Babele, dove ognuno parla la propria lingua.  In quei secondi di attesa, nella speranza di un ritorno ad una pseudo-normalità, la Gatta osserva in silenzio  le quattro donne e la mise fiabesca di ciascuna di loro.
La Regina Madre indossa un abito di seta nero e bianco, attillato, con breve strascico e collo a gorgiera. Le maniche terminano con una lunga punta che  tocca quasi il pavimento. Sembra la strega, versione bionda,  di Biancaneve.
Luna e Dea indossano gonne gitane coloratissime, larghe e lunghe fino ai piedi. Hanno i capelli sciolti, orecchini a cerchio e ballerine dorate. Solo che le ballerine le tengono in mano e camminano scalze, come zingare d.o.c.: Dea ha qualche crampo al piede destro, ma non può permettersi un lamento, pena un declassamento rispetto alla tenuta gitana della sorella (che indossa pure un gilet decorato con piccoli corni rossi).
La Maga Circe…. ebbè…. lei è il top! Caftano d’obbligo, turbante dorato di seta damascata (per non farsi mancare nulla), babbucce dotate di campanello sulla punta (tipo quello delle mucche, ma ovviamente più piccolo). La Maga reca con sé una sacca di raso enorme, contenente tutto il suo armamentario maghesco.
“Io sarei qui sulla porta! Non so se mi avete vistoooo!” urla la Gatta stizzita da tutto quello schiamazzo.
“Per tutte le anime del Purgatorio! Sei la Gatta?” la voce possente della Maga fa tacere le altre voci di quella moderna torre di Babele.
“Già! Gatta di nome e di fatto…. artigli compresi! E lei, certamente, è….” la Gatta si blocca. Deve dire ”signorina Cesira” oppure “Maga Circe”? Probabilmente l’opzione numero due è quella giusta: “Cioè, lei è la Maga Circe….”
“Ah – ah – ah” la Maga emette una risatina ad intervalli, per sottolineare un certo sarcasmo “Beata innocenza! Ma certo che sì! Chi potrei essere in alternativa? Forse il Genio della lampada?”
La Gatta squadra dalla testa ai piedi quel corazziere con turbante: quella Maga non le piace per niente! E’ acida come una mozzarella andata a male! E’ antipatica come un herpes labiale! E’ invadente come la piaga egizia delle cavallette! E questa montagna di damaschi e sete dovrebbe tentare una comunicazione con nonna Ginevra? Probabilmente la Maga non ha la più pallida idea del bel caratterino della nonna….

domenica 4 dicembre 2011

La Gatta © by Barbara Giorgi - 16 capitolo

16.  ARCIBALDO   MALASORTE


Una giornata di sole ha sempre il suo “perché”. Non possiamo certo paragonare il nostro risveglio mattutino illuminato da caldi raggi con un giorno segnato da un cielo cupo e bagnato dalla pioggia. Non c’è guerra, non c’è confronto: il sole vince sempre e comunque. Il sole ci dà la carica per affrontare meglio la giornata, stimola le nostre endorfine, ci mette in pace con il mondo e con il nostro “io” (con il “super-io”…. no, perché quello è sempre troppo pretenzioso).

Eh già. Ma la Gatta, dopo la notte bombardata dal suono della sveglia, non ha la fortuna di vedere il sole. Il suo dormiveglia è disturbato da una luce grigiastra: nel cielo, nuvole gonfie come schiuma, lasciano intravedere solo qualche piccola onda azzurra.  Con quella luce fredda e poco rassicurante, la Gatta esce dal suo stato mummificato. La mente è ancora vuota, ma lei tenta di stimolare qua e là connessioni cerebrali che le permettano di pensare ed agire.  Intanto, caffè per svegliarsi: il solito caffè nero senza zucchero, che le dà sempre la scarichetta elettrica del primo mattino. Davanti alla tazzina bollente, inizia a riflettere sull’incredibile avventura notturna: una sveglia che suona per ben due volte, in modo completamente autonomo, indipendente. La prima cosa da fare, probabilmente, è liberarsi del marchingegno, sicuramente rotto. No. Non vuole neppure farla aggiustare: quella sveglia deve uscire da casa sua, nel giro di un’ora al massimo e deve finire i suoi giorni dentro l’apposito, specifico cassonetto dell’immondizia. Senza possibilità di condono, grazia,  sconto della pena. Si merita la pena del contrappasso:  le ha fatto fare dei salti nel letto? E allora farà un bel salto nell’immondizia!
La Gatta prende l’oggetto malefico e lo osserva timorosa. Lo gnomo raffigurato sul quadrante sembra non promettere nulla di buono: le sue braccia sono le lancette. Ha un cappellaccio a punta color verde muschio, un vestito rosso con un gran cinturone. Ha barba e baffi bianchi, come il professor Astrolabio. E pure la pancia tonda sembra quella del condomino Genio. Quello gnomo ha un certo sorrisetto che non le piace per nulla. Anzi, non l’ha mai convinta! Quella sveglia è un regalo di Luna e Dea dell’ultimo Natale…. vabbè,  loro capiranno il suo “gesto liberatorio”.
La Gatta incarta quello strumento impazzito ed esce di casa velocemente. Ecco che la sveglia fa un bel volo nel cassonetto. Un tonfo sordo, cupo. Detto, fatto.
Mentre sale le scale, si ferma davanti alla porta del professor Astrolabio: deve invitarlo alla seduta spiritica. Suona quindi il campanello della porta del  Genio e attende.
Il professore apre la porta: appollaiato sulla sua mano sinistra c’è il pappagallo Galileo, stranamente silenzioso, mentre ai suoi piedi ondeggia lentamente il pitone Orione. I gatti stanno arretrati: quando Orione è libero dalla sua teca, loro camminano a distanza di sicurezza, possibilmente saltando su mobili e credenze. Hanno la schiena arcuata e le gambe anteriori ben tese in avanti: sono in posizione di attacco-difesa.
Il Genio le sorride: “Oh, cara ragazza! Buondì! Cosa posso fare per te?”
La Gatta, rincuorata dalla gentilezza del professore, gli spiega per filo e per segno le sue intenzioni.
“Bene. Cioè no. Bene per niente. Male, malissimo. Le sedute spiritiche sono pericolose: se gestite da medium inesperti possono causare gravi conseguenze. Si possono presentare anime dannate o demoni, che poi si vendicano del disturbo che rechiamo loro. E agiscono nei modi più assurdi, pericolosi, subdoli!” esordisce il professore, con profonda convinzione.
Ma la Gatta, usando tutta la sua dolcezza, riesce a convincerlo: dopo cena, ore ventidue, nella mansarda. E quel che deve accadere, accada!
La Gatta rientra in casa soddisfatta o, almeno, un po’ più rilassata. A questo punto deve concentrarsi su due impegni focali della sua giornata: un appuntamento di lavoro con il Conte Malasorte (nobile verissimo)  e la seduta spiritica della sera. Però oggi, per prima cosa, deve pensare a lavorare: mica può vivere di aria fritta! Va bene pensare ai fantasmi,  ma il quotidiano è fatto soprattutto di esseri viventi.
Telefonata veloce per confermare l’incontro ed ecco che la Gatta si prepara con la cura di un’esperta lookologa: lo fa soprattutto per tenere la mente impegnata in cose materialissime, superficialissime. Così, ogni idea sugli spiriti, pian piano diventa uno sfocato sottofondo (almeno per ora).
Confezionata a dovere, esce nuovamente di casa. In una manciata di nani secondi, la Gatta si ritrova davanti all’ingresso del palazzo del Conte. Sopra il portone antichissimo, dotato di punte di ferro acuminate, si staglia lo stemma di famiglia: uno scudo di pietra con una bella civetta. Un animaletto davvero simpatico: un ottimo auspicio!
Mai visti prima, né il palazzo, né il Conte.  Il contatto l’ha creato lo stilista red-carpet, il Genio Leo. La Gatta, da espertissima interior designer (tra le tante cose artistiche che fa o tenta di fare) deve fornire il suo consulto per l’arredo della stanza del pupo. Sì, del “delfino” di casa, dell’erede della casata. Esemplare maschio, ovvio! E l’esemplare si chiama Arcibaldo e ha circa tre-quattro anni di vita.
Proprio mentre sta per suonare il campanello dell’immenso portone, ecco che appare come una luce nella nebbia,  il Genio Leo. Sobrio come sempre, ha blazer e occhiali rosa confetto e un foulard tigrato.
“Ohi….. amooooo…. son giunto!” e nell’aria, si ode la voce ansimante dello stilista.
“Ma non era necessario che tu venissi! So cavarmela perfettamente da sola! Mi hai fissato l’incontro, ma poi posso gestire io la cosa!” la Gatta pronuncia queste frasi con suoni secchi, scanditi, a voce leggermente alta. Probabilmente è risentita della mancanza di fiducia. Lei non ha bisogno di baby sitter!
“Ma amoooo….  non sono qui per farti da chaperon…. sono qui solo per carineria nei tuoi confronti!” e il Genio tenta di rimediare al malfatto. La Gatta fa una smorfia e non replica: la cosa non la convince, ma deve adeguarsi. Suonano il campanello. Il portone, dopo qualche secondo, è aperto da un omone di due metri vestito da pinguino.
”Prego!” tuona il pinguino e, senza chiedere nomi, motivo della visita o altra notizia, fa strada lungo una corte interna. Bellissima. Al centro c’è una fontana di pietra con una donna seduta su una vasca circolare: tiene in mano un’anfora da cui scaturisce uno zampillo d’acqua. Intorno alla fontana, rose bianche e felci. Il giardino è colmo di fiori di ogni colore e profumo. In un angolo, l’unica nota dolente: sette brutti nani di marmo fissano la Gatta con aria di vendetta. Sembrano i cugini dello gnomo della sveglia. Forse lo sono davvero.
Non ti curar di loro  ma guarda e passa….” pensa lei, distogliendo lo sguardo dai sette tipacci.
Arrivati nel salone di ingresso, il pinguino pronuncia una seconda parola, con voce grave e una certa aria di comando: “Attendete!”
I due non osano fiatare o muoversi. Per un po’, perché poi la curiosità della Gatta ha il sopravvento. Ecco che inizia a girare per il salone, osservando quadri antichi, statue, arazzi e pure il lampadario, che sembra la taglia extra-large di quello che lei ha nello studio. Questo ha gocce di cristallo grandi come mele.
“Bonjour à tout le monde!” una voce maschile, armoniosa, gentile. Il Conte Malasorte. Alto, magro magro, con due baffetti tipo Zorro, un abito nero illuminato da un papillon a pois.
“Ma è vero oppure ….?” pensa la Gatta.
“Bonjour à vous!” e il Genio Leo saluta il nobile.
“Mi perdonerete se parlo la lingua italiana e dico buongiorno!” la Gatta tenta di tagliar corto con tutto quel francese che sa tanto di zucchero filato.
I due filo-francesi la guardano con stupore e un po’ di orrore: loro sono abituati a parlare quella lingua nel quotidiano. Noblesse oblige. Ma lo sguardo della Gatta non permette alternative: lingua italiana sia!
“Cara ragazza….” il Conte le si avvicina con le mani tese “il nostro amico Leo mi ha tanto parlato delle sue grandi capacità artistiche e creative, per cui ho chiesto di poterla incontrare per avere il suo consulto su un caso difficilissimo da trattare!”
Ora la Gatta è addolcita dalle parole del conte: ”signor Conte, sono a sua disposizione….”
“Oh, dunque. Il mio pargolo Arcibaldo, discendente ultimo della casata, necessiterebbe di un’adeguata locazione per i propri giuochi e passatempi. Vorremmo a ciò adibire una stanzuccia di cinquanta metri quadrati, attualmente in disuso, qui nel mio palazzotto. Urge dunque il suo consulto per l’arredo.” E il nobile, con il suo parlar forbito, enuncia la richiesta.
Forse coinvolta eccessivamente da quei termini paleozoici, la Gatta esorta: ”orsù, dunque, andiamo a visionare in loco….”
Nella stanzuccia di cinquanta metri, li attendono il pargolo e l’istitutrice tedesca. La Gatta vede un esserino con boccoletti d’oro, vestito da piccolo lord, con abito di velluto e camicia di pizzo bianco. Sembra un angioletto sceso dal Cielo: accanto a lui, un demone in carne e ossa, che emette comandi in una lingua tagliente come una spada.  Il povero angioletto saluta padre ed ospiti. La tedesca se ne va, camminando rigida come una marionetta, con le labbra serrate in un simpatico ghigno.
Dopo un gran parlare di tinta delle pareti, mobilio, luci, tendaggi e arredi vari, il Conte e il Genio Leo si allontanano: devono discutere di affari nello studio personale del nobile. Nella stanza, rimangono la Gatta e il piccolo lord.
“Allora, caruccio, ti piace l’idea di una stanza per i giochi? La faremo tutta colorata!”  la Gatta gli sorride.
Il pargolo la fissa serio: i suoi occhi sono spilli pungenti. Scuote i riccioli d’oro come se volesse creare un tornado e le punta contro l'indice destro. Sembra in procinto di lanciare un anatema.
“Fa schifooo!” urla con una vocetta stridula “vojo  una stanza tutta buia! E Dlacula con i pipistlelli che volano!”
La Gatta lo fissa a bocca aperta. E’ un anticipo della seduta spiritica della sera? Il piccolo lord non è un angioletto, ma un posseduto?
“Dra…. Dracula?” balbetta lei
“Sì, Dlacula. E poi vojo uno scheletlo! E  dlaghi,  olchi,  stleghe  cattivissime!” il pargolo urla sempre più forte. Ad un tratto tace. Poi ci ripensa e lancia un ultimo ordine perentorio: “E vojo la civetta!”
Sì. Ora la Gatta ne ha la conferma. Il Destino le sta regalando una gentile anticipazione di ciò che l’attenderà in serata. E questo è solo l’antipasto….

giovedì 24 novembre 2011

La Gatta © by Barbara Giorgi - 15 capitolo

15. TRA  FANTASMI  E  DUCHI  VIVISSIMI ….

Fantasmi, spiriti, anime, mondi paralleli, mondi ultraterreni. Quante volte ci è capitato di riflettere su questi temi impegnativi, profondi: ci poniamo domande, formuliamo ipotesi, leggiamo libri più o meno attendibili sull’argomento, guardiamo film colmi di effetti specialissimi, ascoltiamo per qualche minuto in tv un sedicente esperto che ci propina il suo alto parere….  e poi? Poi restiamo a mani vuote,  come siamo partiti. Senza risposte, senza certezze. E allora non ci resta che riprendere contatto con la realtà, con il nostro vivere quotidiano: la mente torna così ad occuparsi della ricarica del cellulare, della spesa al supermercato, dello sciopero dei benzinai, del vicino di casa che non fa la raccolta differenziata, dei regali da comprare per Natale. Tutto vero. Ma se ci spingiamo “oltre”, arrivando a programmare una seduta spiritica…. dopo non è mica tanto facile pensare a delle banalità!

Infatti, la Gatta, uscita dall’abitazione delle amiche, ha solo un pensiero fisso: andare a comprare un  libro per documentarsi ben bene sull’argomento, perché prima di incontrare dei fantasmi…. è  meglio sapere qualcosina sul tema. Così, tanto per evitare un eccesso di sorprese! Così, tanto per farsi una vaga idea di come sia fatto un fantasma: è “trasparente” oppure si copre con il classico lenzuolo e ulula oppure può scegliere un suo personal look di apparizione (tipo la sospetta nebbiolina della nonna)? Ma poi ci ripensa: meglio andare in laboratorio e fare delle ricerche a tappeto su internet. E’ quasi l’ora di pranzo, ma lei non ha fame: il suo stomaco è chiuso come la cassaforte blindata di una banca! Quindi, tanto vale salire in auto e puntare dritta alla meta!
Appena entrata dalla porta dello studio, come guidata da un impulso innato di sopravvivenza, accende tutte le luci possibili ed immaginabili: il lampadario di cristallo, la lampada nero-oro sulla scrivania, l’antica abat-jour di un cliente (ancora da restaurare) e qualche altro trabiccolo dotato di lampadina, in grado di stanare ed illuminare qualsiasi anima vagante nel locale (con o senza lenzuolo).
“Ecco! Ci vuole molta luce per lavorare! Sennò il video del p.c. mi irrita gli occhi!” dice a voce alta, mentendo a se stessa in modo spudorato.
Così, con circa cinquecento watt attivati alla faccia del risparmio energetico, la Gatta si accomoda sulla sua poltrona alla scrivania Impero. Accende il computer e naviga, naviga, naviga…. con la disperata convinzione di Cristoforo Colombo alla ricerca delle Indie.
Dopo tre ore  buone di ricerche, tra siti di dubbio valore e altri leggermente attendibili, la Gatta ha le idee ancora più confuse di prima. L’unica sua certezza è che i fantasmi – ormai ha questa fede – esistono. Vuoi per la nebbiolina intravista in casa, vuoi per le parole del professor Astrolabio, vuoi perché il suo desiderio di contattare la nonna è troppo grande…. ma lei ha deciso di credere nell’esistenza degli spiriti. E con questa fede nel cuore, spenge ogni luce del laboratorio, saluta l’antico lampadario di cristallo, chiude la porta e ritorna verso casa. Non ha concluso nulla delle tante cose da fare per la sua attività professionale,  ma oggi il lavoro…. non era proprio ”trippa per gatti”!
Arrivata a casa (e accesi altri cinquecento watt), si distende esausta sul letto. Vestita, truccata, borsa-baulotto  compresa. Mentre è immersa nel piumone e nei suoi pensieri, dalla maxi borsa si sente la cavalcata delle walkirie. Qualcuno la cerca al cellulare.
“Uffaaaa!” pensa la Gatta, mentre rovista nel baulotto, tirando fuori fazzoletti di carta con cartoons stampati, lucidalabbra all’aloe vera, caramelle alla menta, un succo di frutta, una morbida pashmina, qualche scontrino stropicciato, due buoni sconto scaduti, una manciata di chiavine-pennine per p.c., tre occhiali da sole e decine di altre meraviglie tipo Mary Poppins. Poi, ormai stanco e sudato dalla fatica, esce pure il cellulare. Ansima. Se potesse, il poverino vorrebbe urlarle tutta la sua rabbia: ma non ha più voce.
Senza guardare il nome del chiamante, la Gatta risponde. Ma forse avrebbe fatto meglio a guardare!
“Ciao” dice il chiamante. E cala il silenzio. Un silenzio di ghiaccio. Quella voce…. Eh sì! E’ proprio la “sua” voce: la voce dell’uomo più indelicato del mondo. La Gatta non sa bene se sentirsi in debito per non aver accettato l’invito a cena oppure se sentirsi a credito per aver atteso inutilmente al bar un tempo indecente ed interminabile: ma non ha tempo per fare bilanci consuntivi. Non è il momento. Per cui si butta: decide di essere dalla parte della ragione. Ma quella a trecentosessanta gradi! E quando la Gatta decide di essere nel giusto, è peggio di un ariete da sfondamento, di un martello demolitore, di un cingolato in guerra.
“Oh! Ciao!” esordisce con una voce leggermente metallica (tipo acciaio inox).
Si limita al saluto, per pura educazione: perché sbilanciarsi in inutili domande o affermazioni? Questa è una partita a scacchi da giocare con mosse studiate. Che si sbilanci lui! Il Duca amante delle rose!
“Gatta, Gatta…. ti piace giocare….. giochi a nascondino?” e il Duca segna così il luogo e l’ora del suo patibolo.
“Mi piace giocare? Gioco a nascondino?  Noooo! Mi piace aspettare sedicenti duchi dentro i bar, inutilmente, facendomi pure prendere in giro dai camerieri, mentre una bambolina con le trecce  mi consegna delle rose, regalate come “pezza” per rimediare ad un atto di maleducazione!” e la Gatta emette la sua sentenza inappellabile. Le parole le sono uscite di bocca senza neppure passare per il cervello: erano già perfette così,  pronte e confezionate da giorni, soppesate e scelte una ad una da un’ira funesta.
“Ecco fatto” pensa soddisfatta di sé “ti ho servito a dovere! Ti ho schiacciato come un pollo alla diavola!”
“Hai ragione. Ti chiedo scusa. Sono stato un maleducato. Ma vorrei spiegarti: c’è un motivo preciso ….” il Duca usa l’arma della scusa. Arma sottile, subdola, studiata.
Esatto: un’arma! Perché  - è dato di fatto - l’uomo non chiede mai scusa. Potrebbe essere compromessa la sua onorabilità come maschio, come individuo procreatore, come Homo Sapiens Sapiens, come Adamo primo uomo, come potente gladiatore, come essere pensante-pensoso e poco spensierato, come genio di qualsiasi ambito e disciplina, come portatore sano di testosterone, come atavico cacciatore di femmine…. Insomma, l’uomo non chiede scusa, mai! Se ci prova, gli si inceppa la mandibola. E’ una legge di natura. Quindi, quando un individuo di sesso maschile arriva a superare o eludere tale legge, vuol dire che è un “essere speciale”. Uno da prendere in seria considerazione o, almeno, da soppesare e valutare per qualche minuto. Ma la Gatta stasera non ha tempo per ascoltare scuse maschili e riflettere sulla loro veridicità. Non è proprio la serata adatta. Non è il periodo adatto. La sua mente vola verso altre mete.
“Beh… mi fa piacere che tu riconosca di aver sbagliato, però adesso non posso dedicarti altro tempo. Magari possiamo sentirci nei prossimi giorni, così mi spieghi tutto!” e la Gatta continua a dirigere la partita a scacchi.
“Va bene. Allora ti auguro una buona serata. E, a proposito, le rose non erano solo per chiederti scusa. Volevo regalarti qualcosa di bello…. come te!” con queste parole da favola, il Duca dovrebbe guadagnare circa un milione di punti. Dovrebbe…. ma con la Gatta, anche le frasi più belle, poetiche e romantiche (ne ha ascoltate tante in vita sua) devono passare sempre attraverso un setaccio: ne escono polvere, finissima farina.
“Grazie del pensiero. Buona serata a te. A presto. Byeee….. ” e sulla “e” finale la Gatta chiude la telefonata. Troppe cose a cui pensare! Fantasmi e sedute spiritiche…. Duchi che chiedono finalmente scusa e fanno pure complimenti ruffiani…. Mah!
“Meglio farsi una doccia come dico io!” esordisce la Gatta a voce alta, parlando con se stessa, tanto per farsi compagnia. Sotto l’acqua leggermente bollente, i pensieri sfumano via, si dissolvono, si perdono tra le candele e i fiori secchi sistemati sulle mensole del bagno. Cena veloce con spaghetti e pesto pronto, due cioccolatini per addolcire l’anima, film giallo tanto per conciliare il sonno. E il sonno arriva. Pesante, profondo. Le membra si abbandonano, l’ossigeno dilata le vene, la mente si chiude ai cinque sensi. Il nulla, il buio, il silenzio, la notte.
La Gatta dorme alcune ore. Arrivano le tre. Sono le tre. Un angolo retto delle lancette. Primo quadrante a destra, in alto. La grande  sveglia lasciata sul pavimento….  decide di suonare.
La Gatta fa un salto nel letto: “Ohi! Mamma mia!”
Si strofina forte gli occhi, accende la luce  e guarda le lancette: “Ma sono le tre! Perché cavolo suoni?”
Mette la suoneria sull’off, spenge la luce e si ributta sul cuscino. Ma improvvisamente le viene in mente che…. una sveglia non suona alle tre, se nessuno l’ha puntata alle tre! E lei, certamente, sicuramente, indiscutibilmente, in tutta la sua vita, non ha mai puntato nessuna sveglia a quell’ora assurda!
Riaccende la luce, si copre il viso con il piumone e rimane immobile. Cerca di riflettere. Ecco: avrebbe bisogno di un bicchier d’acqua, ma proprio non le va di alzarsi e di andare verso l’angolo cottura. Cioè, non le va proprio di muoversi dal letto. Respira a fatica, mentre percepisce una leggera ondata di sangue affluire verso le tempie.
“Non fare la stupida! Sei peggio di una bambina spaventata dal lupo cattivo delle favole!” ma l’auto-rimprovero non dà alcun effetto.
La Gatta ci riprova e per quasi un’ora va avanti con profonde riflessioni: “In casa non c’è nessuno e la sveglia è suonata perché certi aggeggi a volte impazziscono! Tipo il p.c, quando si blocca! Tipo la macchina, quando non parte! Tipo la tv, quando “saltano” i canali! Accade e basta! Senza una spiegazione razionale!” 
Finalmente, un po’ rassicurata dalle sue logiche considerazioni, decide di alzarsi dal letto. Ecco un bel sorso d’acqua. Che liquido meraviglioso, miracolo della natura, panacea di tutti i mali! Ora la Gatta decide che, luci accese e bocca rinfrescata, può pure tornare a letto. L’incidente è superato. Basta avere una bella mente razionale. Basta riflettere con serenità. Mentre è a metà percorso tra tavolo e letto, la mansarda è invasa dal suono scandito, ripetitivo e prepotente della suoneria della sveglia. Sembra che quel suono colpisca, come una pallina da tennis impazzita, ogni angolo della casa.  Una seconda volta! Sono le quattro! Ma la suoneria era su off! La Gatta vola dentro il letto con un unico lungo salto da primato olimpionico. Si avvolge dentro lenzuoli e piumone. Tira fuori solo un braccio, per riportare nuovamente la sveglia sull’off. E, questa volta, non ci pensa proprio ad uscire dal suo nascondiglio. Rimane così, come una mummia bendata e immobile dentro il suo sarcofago. Rimane così, senza pensieri, con la mente svuotata dalla paura. Rimane così, fino al sorgere del sole.

martedì 15 novembre 2011

La Gatta © by Barbara Giorgi - 14 capitolo

14. LA  REGINA  MADRE


Theta Centauri, Alpha Centauri. Pensare all’universo ci aiuta a sognare, ci aiuta a credere in qualcosa di esistente al di fuori e al di sopra di noi. Mica può finire e risolversi tutto qui, su questa palletta neppure perfettamente sferica! Come potremmo pensare, anche solo per un attimo, di esistere solo noi? Del resto, se Dio si è dato la pena di creare tutto quello sfavillio di  stelle e pianeti…. significherà pure qualcosa!
Quindi, continuiamo a sognare pensando al cielo: lì, da qualche parte,  potrebbe trovarsi la casa di una specie aliena. Oppure, lì potrebbero trovarsi i cosiddetti “mondi paralleli” dove girovagano spiriti e spiritelli.

Al mattino, la sveglia suona alle sette e la Gatta apre solo un occhio. L’altro lo tiene chiuso e schiacciato sul cuscino (è così doloroso separarsene…). Fa mente locale sui sogni della notte per il suo quotidiano rito di auto-analisi, ma ricorda solo la nonna e un gatto nero con occhi di giada. Allora decide di alzarsi e di affrontare la giornata.
Doccia, colazione, trucco e parrucco. Appena chiusa nel mini abitacolo dell’auto, costellato di adesivi e con pupazzi attaccati un po’ ovunque, le viene in mente di telefonare a Luna: deve riconsegnare borsa e collana della Regina Madre, gli stessi oggetti che ha preso in prestito per andare dal Genio Leo, stilista red-carpet. Sono lì sul sedile accanto: vuole liberarsene prima di andare nel suo studio-laboratorio. Forse anche perché ha voglia di vedere le amiche, per iniziare meglio la giornata.
“Hello Luna! Devo passare da voi. Vengo per restituire borsa e collana, restauratissimi, alla Regina Madre.” La Gatta riesce a dire questa frase,  ma la telefonata cessa subito. Poche tacche sul cellulare.
“Ciao amo. Vn sub. Tvtb” e Luna compone un sms veloce, esplicito, chiarissimo che giunge a destinazione.

Il palazzo dove abitano le amiche della Gatta - le amorevoli sorelle Luna e Dea - si trova a pochi passi dal centro città, in una grande pineta. Ci sono altre costruzioni, tutte di pochi piani, moderne, con facciate di marmo e vetro: questa è una zona residenziale molto ambita. Del resto, dove potrebbe abitare una Regina Madre? Il palazzo è dotato di una grande piscina condominiale: al piano attico ci sono due appartamenti uguali, speculari, uno di fronte all’altro. In uno viveva la Gatta da bambina, con i suoi genitori (è ancora di sua proprietà, ma inutilizzato). Nell’altro abitano la Regina Madre e le sue due figlie. Il padre non c’è più da anni. No! Non è deceduto per l’impegno profuso nel sopportare moglie e figlie: è semplicemente andato a vivere a Cuba con una ventenne e qui ha aperto una rivendita di sigari e rum. E tutto questo con la benedizione della Regina Madre, che con il divorzio ha ottenuto l’attico, una villa al mare e una in montagna, una discreta rendita e un negozio di gioielli antichi. Le figlie lo vanno a trovare ogni tanto, quando l’amor filiale si fa sentire un po’ di più (per esempio a Natale, quando c’è “clima da regalo”).

Ogni volta che la Gatta arriva nelle vicinanze del palazzo in questione, il respiro si fa più accelerato, frequente, breve. Ma lei conosce perfettamente il perché di questa “difficoltà” respiratoria: con calma, riesce sempre a riprendere il controllo della situazione. I pini le fanno compagnia: tante volte, bambina, ha trascorso ore tra le radici, cercando pinoli con le due amiche. I pinoli venivano posti tra due sassi: un colpo e via…. era pronta la merenda, da mangiare con mani sporche di terra e di aghi di pino.
”La Gatta è qui!” canticchia al citofono, felice di poter vedere le amiche.
“Saliiiii…..” le risponde Dea facendo una voce baritonale….  non si sa perché (mai chiedersi il perché di ciò che fa o dice).
Sul pianerottolo, la Gatta non guarda la porta di casa sua e si catapulta letteralmente dentro l’appartamento della Regina Madre. La porta è aperta: si sente ovunque un profumo di caffè appena fatto.
In sala, la Regina Madre è seduta sul divano barocco di legno dorato con rivestimento in seta avorio:  indossa una vestaglia di raso nero lunga fino ai piedi, con collo e polsi di piume, leggermente ondeggianti ad ogni minimo movimento. Ha unghie lunghe laccate color rosa cipria. Perfette: si vede che non toccano mai una scopa o una pentola. La Regina Madre indossa collane, bracciali e anelli d’oro: sembra il manichino vivente di una gioielleria. E’ perfettamente truccata, senza eccessi (almeno questo….). Beh, non si può dire che sia una donna insulsa o banale: non è bella in senso classico, ma sicuramente è molto affascinante e carismatica. Bionda come le figlie, un po’ eterea, con occhi di ghiaccio che perforano l’anima. Ha i capelli con taglio stile Marilyn, gonfi, cotonati: sembra una diva anni cinquanta.
Quando i due ghiaccioli entrano nei due occhi verde giada della Gatta, capiscono subito che la bimba ha qualcosa che non va. La Regina Madre emette così la sua diagnosi.
“No! - esclama la Gatta - va tutto bene, benissimo, più che bene. La mia vita è una bomba!”
“Sì! A orologeria!” Dea entra nella sala barocca saltellando su tacchi spaventosi di almeno quattordici centimetri. Indossa un abito di due taglie più piccolo e ha la coda di cavallo legata da un grande fiocco di tulle bianco. Sembra un bambina di quattro anni che prova a camminare con le scarpe della mamma. In una mano ha un sacchetto maxi di patatine chips e con l’altra regge un tetrapak con succo di papaya-mango-lime: la sua leggera colazione di ogni mattina.
“Bomba a orologeria? Di cosa state parlando?” la segue Luna, tranquillamente vestita con jeans e maglietta. Però ha una sciarpa di struzzo al collo. L’eccessiva normalità le fa venire la depressione!
“Parliamo di imminenti esplosioni, di fine del mondo, di una catastrofe! Ma tu non puoi capire….” Dea lancia la sua saetta di neuroni contro la sorella.
“Il fiocco di tulle ti blocca la coda e pure il cervello? Ho capito perfettamente che la Gatta ha un problema…. già dal tono di voce della sua telefonata di stamani. Ci risiamo con quel Duca delle rose rosse?” Luna rilancia.
“Buone ragazze! Ora la Gatta ci racconta tutto. Suvvia, occhi verdi, parla….” e la Regina Madre zittisce per un attimo le figlie.
“Beh, intanto ecco qui borsa e collana. A proposito, le ho usate per un appuntamento di lavoro, ma so che avresti approvato” dice la Gatta, rivolgendosi alla Regina Madre, che le sorride dolcemente.
E continua: “No, bambine: non si tratta del Duca! E’ un po’ difficile parlarne. Non è proprio un problema: è un dubbio, un sospetto, qualcosa che mi fa riflettere.”
“Con noi puoi parlare di tutto e di più. Il mio Karma mi sta dicendo che hai un problema emotivo, interiore. Suvvia! Muoio dalla voglia di sapere!” e Dea si toglie le scarpe (come sempre), si sdraia sul divano avorio, posiziona la coda di cavallo sul petto della Regina Madre, dopo aver sistemato patatine e tetrapak sull’enorme e antico Bukhara russo.
“Non c’è bisogno di queste tue precisazioni! La Gatta sa bene di poter parlare con noi di tutto e di più: altrimenti non sarebbe qui, adesso!” Luna vuole avere l’ultima parola prima dello sfogo tanto atteso.
“Okay okay, lo so che mi volete bene e che siete sempre pronte ad ascoltarmi. Dunque….  Ora vi racconto…. Ultimamente ho sognato spesso nonna Ginevra. E fin qui, tutto appare normale. Ma poi, durante il giorno, ho strane sensazioni: è come se sentissi la presenza della nonna in casa. Ad esempio: ieri mi è sembrato di vedere una strana nebbiolina….”
Ma la Gatta deve interrompere il suo racconto perché Dea scoppia in una risata fragorosa: “Nooooo! Non posso crederci! Vuoi dire che il fantasma della nonna girella nella mansarda? Forte! Fichissimo! E’ una cosa da sballo puro!”
“Ma taci un po’ e fai funzionare quella polpetta fritta che hai dentro la scatola cranica!” sbotta Luna.
Dea si fa seria, corruga le sopracciglia e guarda dritta la sorella negli occhi. Un milione di saette le escono dalla polpetta di cui sopra: “Sorellina cara, forse non  hai capito bene! Io credo a ciò che dice la Gatta! E ti dirò di più: se nonna Ginevra passeggia nella mansarda, dobbiamo beccarla sul fatto! Qui ci vuole una bella seduta spiritica come dico io!”.
“Gattina mia, credi davvero che lo spirito della nonna possa trovarsi a casa tua?” la Regina Madre fa terminare il battibecco con decisione.
“Beh…. forse sì, forse no. Ne ho parlato ieri sera con il professor Astrolabio, il condomino cha abita al piano di sotto. Lui è uno scienziato e quindi dovrebbe essere un po’ scettico su questi argomenti. Invece, detto in parole povere, non ha escluso questa possibilità. Sinceramente, l’idea della seduta spiritica, non mi dispiace. Vorrei tanto sapere come sta la nonna, se mi vede, se mi può sentire….” la Gatta sospira, abbassa lo sguardo e finalmente si siede su una poltrona. Si sente privata di tutte le sue forze. Quello sfogo le è costato un bel po’ di energia.
“Se è questo che vuoi, questo sarà! Domandi sera faremo una seduta spiritica a casa tua. Tu devi solo invitare il professor Astrolabio: avere uno scienziato a disposizione, non fa certo male alla salute. Io organizzo tutto il resto: contatto una mia amica d’infanzia che ora fa la maga per l’high society.  La  cara Cesira oggi detta Maga Circe. Bene. Tutto fatto! Domande?” e la Regina Madre sposta la coda di cavallo della figlia (con figlia annessa) e tira il cordoncino di seta del campanello alla sua destra, per chiamare la cameriera.
“Nessuna domanda!” rispondono all’unisono le tre ragazze, un po’ preoccupate all’idea di un incontro con mondi paralleli.
Arriva la cameriera. E’ alta un metro e mezzo, tonda tonda come una sfera di cristallo. Ha capelli grigio argento e indossa una divisa nera con grembiulino di cotone bianco. Tiene in mano un vassoio di porcellana, con tazzine di caffè e croissants: “Madame, à vous….” cinguetta in francese.
La Regina la congeda con un cenno del capo, prende una tazzina di caffè e la porge alla Gatta.
Le loro mani si toccano, si sfiorano: sembra il suggello di un patto, di una promessa….

venerdì 4 novembre 2011

La Gatta © by Barbara Giorgi - 13 capitolo


13. IL  PROFESSOR  ASTROLABIO: STELLE, ALIENI E  FANTASMI


Il rosso e il nero della roulette: la metafora di quel bivio in cui ci troviamo spesso durante il trascorrere della nostra vita. Prendere la strada a destra oppure a sinistra? Scegliere l’alternativa “a” oppure la “b”? Dire  sì o dire  no? Reagire  con tutta la nostra adrenalina oppure adagiarsi in diplomatici silenzi? Andare o restare? Amare oppure odiare? Perdonare oppure vendicarsi? Godere del sole oppure  nascondersi nell’ombra? Vivere o sopravvivere? Credere nel dio denaro o nel Dio creatore?
Ma -  anche più semplicemente, umanamente e prosaicamente – bere un caffè oppure un succo d’ananas, comprarsi uno smalto rosso o trasparente, rimanere mora o farsi bionda,  pagare le tasse o fingere di dimenticarsene (ma tanto quelle  sono inevitabili come il virus dell’influenza invernale).
Fino a giungere alla fatidica decisione della Gatta: addentare la fetta di pizza calda e croccante della cena oppure andare a vedere chi sta premendo insistentemente il campanello della porta di casa? Rimanere davanti alla pizza, le permetterebbe di immaginare  un baldo giovane detto Duca e di sognarlo morente d’amore dietro quella porta. Andare a vedere dallo spioncino, le permetterebbe di verificare l’identità del soggetto disturbatore. Che fare? 

Eh già. Le scelte della vita non sono tutte amletiche e sconvolgenti: ci sono anche quelle più banali e quotidiane. Da comuni mortali. Però anche queste scelte possono richiedere impegno e un buon dispendio di attività cerebrale. Nonché una certa dose di pazienza. Il problema è che la Gatta non è dotata di un minimo, infinitesimale briciolo di pazienza.
Con pericolosa e totale assenza di questa dote benedettina,  la Gatta  decide di lasciare la pizza nel piatto e di andare a vedere chi la sta disturbando durante la cena (lei odia la pizza fredda!). E se fosse il famoso Duca? Dovrebbe aprire la porta oppure no?   
Pian piano la Gatta si avvicina all’ingresso, senza emettere un fiato, senza fare il minimo rumore: alza il cerchietto di metallo che copre lo spioncino della porta e guarda attenta dentro quel pezzettino di vetro. Vede un gran cespuglio bianco con ricci diffusi ovunque: potrebbe sembrare della panna montata andata a male, ma lei sa bene a chi appartiene quella capigliatura da Einstein. E non è certo il Duca!
“Professore!” dice, mentre apre la porta, con tono un po’ seccato, ma gentile.
“Oh cara la mia ragazza! Ci sei…. meno male…. ci sei!” risponde una voce proveniente da sotto il cespuglio bianco.
“Certo che ci sono! Questa non è una mia rappresentazione virtuale: sono io in carne ed ossa! E a dire la verità, stavo cenando!  Ma voleva dirmi qualcosa di urgentissimo, inevitabile, improrogabile?”
“Non ho più il sale!” le risponde il professore con un tono da tragedia greca. Sembra disperato. Forse per lui la mancanza di sale nella dispensa è un segno catastrofico del destino! Oppure, più semplicemente, è uno di quegli uomini che cucinano con tre ingredienti base  (sale fino, sale grosso, zucchero), senza i quali esiste solo il digiuno più assoluto. Ad esempio, se manca il sale grosso non si può mettere il sale fino nell’acqua della pasta e se manca lo zucchero non si può fare il caffè. Insomma, checché se ne dica della grandezza degli chefs  maschi, gli uomini in cucina peccano di una totale assenza di fantasia, di una totale assenza di elasticità mentale. E quando cucinano devono avere davanti il foglietto della ricetta, altrimenti sono guai (fossero anche spaghetti al pomodoro).
Il professore in questione risponde perfettamente al modello “uomo-in-cucina-border-line”. Ma lui è giustificabile e giustificato: è un altro di quei Geni che si trovano disseminati lungo il cammino della Gatta. Il professor Astrolabio è un Genio vero:  professore ordinario di astrofisica in pensione (beato lui che la riceve regolarmente!). E questo Genio è il condomino del piano terzo, appartamento ubicato sotto la mansarda. Vive qui da qualche anno: inizialmente, con lui c’era anche la moglie, una tenera signora che sopportava tutte le sue stranezze. Poi la consorte è deceduta (in odore di santità) e lui è rimasto nell’appartamento da solo, circondato da un esercito di gatti, tre pappagalli provenienti dalla foresta amazzonica,  il pitone Orione e qualche telescopio sparso qua e là per casa (ne ha uno enorme puntato perennemente su Theta Centauri, distante dalla terra “solo” sessantuno anni luce). Ha anche un pupazzo di stoffa che rappresenta un alieno: lo tiene sulla poltrona della camera da letto. Gli parla quando si sente particolarmente solo e, soprattutto, quando i tre  pappagalli non lo considerano e tacciono.
Il professor Astrolabio è un anziano e distinto signore, dotato di quel cespuglio bianco  già menzionato, nonché di due occhi tondi e furbi sotto sopracciglia folte, che vivono una vita propria. Ha un naso aquilino su cui sono sempre presenti piccoli occhiali  rettangolari. Il professore ha barba e baffi degni di Babbo Natale: barba, baffi e capelli si fondono in una nuvola candida,  irregolare, un po’ ispida. Non è molto alto e ha una simpatica pancia rotonda, da buongustaio datato e impenitente.

Adesso, il professore sta mettendo da parte tutta la sua dignità di famoso astrofisico, per chiedere umilmente un po’ di sale. Sì, ma sale fino o sale grosso? Bella domanda!
“Che sale si mette dentro l’impasto della pizza? Perché volevo imparare a farlo….” sussurra il professore, temendo di aver detto una stupidaggine.
“Sale fino. Mi sembra più che ovvio! Professore, che domande!” sentenzia la Gatta, tutta contenta di poter porre in difficoltà un ex professore universitario.
Ma vedendo il viso preoccupato e anche un po’ depresso del Genio dell’astrofisica, la Gatta ha un momento di tenerezza da “condomina comprensiva ed empatica” (…. esiste questa specie di essere vivente?).
“Professore, facciamo così: io ho appena scaldato una pizza capricciosa taglia maxi e ho pure aggiunto una confezione di mozzarella di bufala. La portiamo giù da lei e ce la dividiamo. Tanto non mi va di cenare da sola. Che dice?”
Il  professore sgrana i due occhietti tondi: quella ragazza bella, vivace, allegra…. sta chiedendo proprio a lui di condividere una pizza? Nessun pensiero torbido passa per la sua mente: semplicemente, gli fa piacere che un essere umano gli stia chiedendo gentilmente di cenare insieme. In genere, lui cena in compagnia di animali, telescopi e finti alieni.
“Ma grazieeee…. Accetto molto volentieri!” dice Astrolabio con un filo di voce “…. vado subito in casa a preparare la tavola”.
La Gatta pensa: “però, c’è un po’ di differenza tra una cena a suon di mazzi di rose rosse e una cena ambientata in uno zoo!”  Ma il fatto è che le rose rosse le sanno troppo di “fumo negli occhi”.

Davanti alla pizza invasa dalla mozzarella, i due affamati condomini parlano del più e del meno: il tempo, un po’ di politica, i tassi delle banche, il traffico e lo smog. Poi cala un certo silenzio, interrotto improvvisamente da un battibecco dei tre pappagalli, Tolomeo, Copernico e Galileo, tutti di specie Amazzone del Perù, color verde intenso con testa azzurra e gialla. Litigiosi, rumorosi e prepotenti. Galileo continua a ripetere due sillabe: no-na, no-na. La Gatta ascolta attentamente:  nona”  come numero o “nonna”  come parente ascendente in linea retta? E allora esplode in una domanda troppo a lungo trattenuta negli anni: “ma professore, esistono i fantasmi?”
“Ohi ohi! Esistono i fantasmi…. Questa è una domanda più impegnativa della mia …. sul sale!” ridacchia il professore. Ma poi i suoi occhietti incontrano gli occhi verde giada lucidi e dolci. Veri occhi di gatta. E allora torna serio. Si agita un po’ sulla sedia, incrocia le mani sulla pancia rotonda e sospira.
“Sì. Credo che esistano i fantasmi, come credo che esistano gli alieni, le stelle, i pianeti, l’universo e Dio. Forse è strano che un astrofisico dica queste cose, ma io la penso così. Qualcosa di immenso ha creato tutto.”
“Chi sono gli alieni e chi sono i fantasmi?” insiste la Gatta.
“Gli alieni sono tutte le forme di vita non terrestri, sono gli abitanti di altri pianeti, di altri sistemi solari. Mentre i fantasmi sono le anime dei morti. Dunque:  gli alieni sono esseri viventi, mentre i fantasmi sono puro spirito.”
“E…. un puro spirito può comunicare con un terrestre, essere vivente e vivissimo?”
“Altra domanda impegnativa! Comunque, credo di sì. L’importante è che i due esseri riescano a trovare un canale di comunicazione, come quando ricerchi una stazione radio lontana. Basta riuscire a catturare la frequenza giusta. Però non è facile:  è raro che accada.”
Trovare la frequenza giusta. Cosa significa? Se un essere umano parla, un puro spirito può sentire? Viceversa, se un puro spirito comunica qualcosa, un essere umano può percepire il messaggio? Secondo la teoria del professore, ciascuno segue una sua strada, una sua dimensione  luogo-temporale e, occasionalmente, stranamente, fortuitamente, le due strade a volte si incrociano, le due dimensioni si fondono….
Il professore e la Gatta continuano a parlare con entusiasmo: il professore, dopo anni di solitudine e inattività,  ha trovato un’allieva sinceramente interessata ai temi che lui ama, mentre la Gatta ha finalmente incontrato una guida esperta e sapiente, un moderno Virgilio, un anziano docente di vita. Hanno abitato vicino per anni, ma si sono incontrati davvero solo stasera.

E’ notte fonda ormai. L’orologio a cucù dell’antico soggiorno del professore segna l’una. La Gatta saluta e ringrazia, con la promessa di un prossimo incontro, di una prossima chiacchierata. Anche perché deve ancora vedere la stella Theta Centauri con il telescopio gigantesco piazzato davanti alla finestra: ci ha provato, ma non è la notte adatta. Vorrebbe vederla, soprattutto perché il professore le ha spiegato che è la sorellina minore di Alpha Centauri, che purtroppo si può vedere solo nell’emisfero australe. Le ha anche detto che Alpha Centauri è la stella più vicina al sole: è un triplice sistema stellare. E  forse lì ci sono forme di vita aliena….
Con la mente un po’ confusa da fantasmi, alieni e stelle, la Gatta torna nella mansarda. Qui ripensa a quel venticello percepito intorno al viso, a quella piccola  scia color latte vista sparire sotto la porta e, dentro di sé, desidera fortemente che sia stato il passaggio leggero e  veloce di quello spirito.  La nonna con i capelli d’oro. Non sa se credere o meno agli alieni: ma le piace l’idea di credere ai fantasmi.