La Gatta, una favola moderna .....

LA GATTA, UNA FAVOLA MODERNA


La Gatta vi dà il benvenuto....

La Gatta potrà essere la vostra amica virtuale nei giorni di pioggia, nei momenti di solitudine...

La Gatta proverà a farvi sorridere con le sue stranezze, con le sue piccole follie...


Potete comunicare con la Gatta, inviando mail a: lagattabybarbara@gmail.com

L'indice dei singoli Capitoli è nell'Archivio in fondo alla pagina blog.... lì troverete anche i primi Capitoli....

Buona lettura :)



mercoledì 28 dicembre 2011

La Gatta © by Barbara Giorgi - 18 capitolo

18.   LA  MALEDIZIONE  DELLA   MAGA


Una seduta spiritica non è un’avventura da poco. Intanto, è bene essere proprio convinti di farla, perché c’è il rischio che qualche fantasma inopportuno si piazzi in casa e non se ne vada più (come sostengono il professor Astrolabio e quella grande tuttologa di Dea). E la cosa può essere poco divertente, perché ci sono fantasmi benevoli e fantasmi….. un po’ inquieti. Quindi si deve organizzare tutto per bene,  come stabilito dall’antico “Papiropersianomagicomillenario”. Anche detto P.P.M.M.. Anche detto ”l’Infallibile”. Anche detto semplicemente “il Papiro”.  
Questo prezioso documento fu redatto da un gruppo di espertissimi maghi del lontano Oriente, in epoca indefinita. Per secoli è stato riprodotto in varie copie da pazienti amanuensi ed oggi è certamente quello più in voga tra i maghi trendy.  

La Maga Circe adotta da anni il P.P.M.M., con ottimi risultati. Appena entrata in casa della Gatta, la medium tira fuori dalla sua enorme sacca proprio questo foglio giallastro. E’ avvolto su un osso di giraffa ed è chiuso da una treccia di crine di cavallo. La Maga srotola il Papiro: è grande circa un metro quadrato ed è rifinito ai bordi con striscioline di pelle di lucertola. I quattro angoli sono evidenziati da mazzetti di piume di pappagallo (Galileo, nel vederle, inizia ad agitarsi….).
“Ma quante povere bestioline hanno massacrato per fare questo fogliaccio?” pensa subito la Gatta, lanciando uno sguardo di comprensione al pappagallo Galileo. Altro punto a sfavore della medium.
“Bene! Adesso vi istruisco sul da farsi! Seguiremo le regole dettate dal Papiro!” sentenzia la Maga, indicando trionfante la misteriosa carta.
“Il pennuto parlante potrebbe disturbare, ma sarò magnanima e permetto la sua presenza. Ci sono principi fondamentali da rispettare. Primo: dobbiamo usare un tavolino tondo a tre gambe. Secondo: dovete sedervi e appoggiare le mani sul tavolo, formando un cerchio. Terzo: servono silenzio assoluto e concentrazione. Quarto: se qualcuno è malato di cuore è pregato di andarsene!” e così la Maga enuncia le regole del rito. Poi inizia a verificare l’ambiente per poter circoscrivere il sito esatto della seduta, mentre un pesante silenzio si propaga nella stanza e ramifica ovunque come un’edera. Uno, due…. dieci secondi.
La Regina Madre rompe il silenzio: ”Sì, va bene. Diamoci da fare. Gattina mia, dov’è il tavolo tondo a tre gambe?”
La Gatta fissa la Regina Madre: ma lei non ha mai avuto in casa un tavolo con tre gambe! Il suo tavolo ne ha quattro! Ed è rettangolare!
“Qui non ci sono tavoli così…. mammina cara…..” Luna risponde al posto della Gatta.
“Ho un’idea fantastica! Solo io potevo avere un’idea così! Sono troppo intelligente! Seghiamo una gamba a quel brutto tavolaccio dove mangi!” e Dea esprime una volta di più la sua grande capacità nel problem solving.
“Ma che soluzione meravigliosa! E dove la trovi una sega?” controbatte lo spirito pratico di Luna.
“Ohi! Bimbe! Ma siete matte? Il problema non è dove trovo una sega! Il problema è che il mio tavolo mi piace così com’è! Non voglio un tavolo con tre gambe! E poi come lo sistemo dopo?” la Gatta  protesta a gran voce,  mentre il professore annuisce in silenzio e Galileo sbatacchia le ali in segno di approvazione.
“Ma è semplice: dopo la seduta, incolliamo la gamba…. oppure al suo posto ci metti una pila di libri! Originalissimo! Fa molto stile alternativo!” Dea arricchisce la sua fantastica proposta, ma  Luna e la Gatta la fulminano entrambe con sguardi poco affettuosi. 
L’idea del tavolino a tre gambe non passa. La Maga si deve rassegnare, con evidente malanimo. Il tavolo dovrà essere necessariamente quello dell’angolo cottura, a quattro gambe, senza interventi vandalici a suo carico.
La Maga riapre la sacca, ripone il Papiro e tira fuori tutto il necessario per la seduta. Innanzi tutto, purifica l’ambiente con incenso e il fumo di una piccola candela bianca. Poi dispone ed accende sette grandi candele: tre  sulle mensole e quattro sul pavimento, delimitando così lo spazio magico. Infine appoggia sul tavolo la panchette, un foglio di carta con le lettere dell’alfabeto, i numeri da zero a nove e le risposte “si” e “no”. Accanto al foglio pone una grande moneta d’oro, con incise parole incomprensibili. Forse sono antiche formule magiche.
Durante tutti questi preparativi, la Gatta e il resto della compagnia osservano i movimenti della Maga, bisbigliando tra loro. Ogni tanto la tensione è rotta dalle risate squillanti di Dea e dai soliti “ciao” del pappagallo (su decisione del professore, in caso di disturbo durante la seduta,  Galileo sarà allontanato dal sito magico).
“E’ tutto  pronto! Possiamo iniziare la seduta! Mancano cinque minuti a mezzanotte…. che è l’ora preferita da vampiri e fantasmi!” così la Maga dà il  via alle danze.
“Che c’entrano i vampiri?” pensa la Gatta, rabbrividendo un po’, mentre la mente le ripropone l’immagine del piccolo lord seguace di Dracula.
La Maga continua ad impartire ordini e il gruppo, ormai succube dell’atmosfera ansiogena e del carisma della medium, obbedisce senza fiatare. Anche Galileo ha smesso di parlare: agita solo il capo come se dovesse fare esercizi di stretching.
La stanza è poco illuminata: le fiammelle danzanti delle candele creano giochi di ombre e luci sulle pareti. L’incenso - probabilmente mischiato a chissà quale altra essenza - ormai è penetrato nelle narici ed è arrivato fino ai più profondi meandri del cervello, quasi stordendo i sensi.
Il gruppo si siede intorno al tavolo. Sopra il piano, tutti posizionano le mani l’uno accanto all’altro, cercando di formare un cerchio. Nel mezzo del tavolo, la panchette e la moneta. La Maga appoggia la mano destra sopra la moneta e inizia a muoverla lentamente sul foglio di carta: la sposta formando dei piccoli cerchi, in senso orario ed antiorario.
La Gatta respira molto velocemente. Osserva gli amici e nota uno strano pallore in quei volti: forse per la luce biancastra diffusa dalle candele, forse per la paura che sta serpeggiando nell’aria.
La Maga invita tutti a ripetere una formula magica in una lingua antica e sconosciuta. La formula è ripetuta per ben sette volte. Poi riprende i movimenti rotatori e inizia a parlare.
“Nonna Ginevra, nonna Ginevra…. ci sei? Se sei tra noi, dacci un segno….” la medium pronuncia queste parole a gran voce, scegliendo i toni più bassi e cupi delle sue corde vocali.
Silenzio. Ancora silenzio. La Maga inizia a ripetere all’infinito il suo invito alla nonna, mentre i cinque partecipanti tacciono immobili, pallidi e raggelati come iceberg.
Ad un tratto, il movimento rotatorio della moneta si fa più veloce, sempre più veloce. La Maga ha gli occhi chiusi e fa strane smorfie di dolore: ”La moneta è incandescente!” grida, agitando tutto il corpo sulla povera sedia che la sorregge a fatica.
Poi la moneta rallenta il suo giro impazzito e si sofferma lentamente su una serie di lettere, componendo man mano il nome Ginevra. Tutti sono impietriti. La tentazione di alzarsi, uscire dalla casa, dal quartiere ed entrare in un bar affollatissimo di essere umani viventi, in carne ed ossa, possibilmente molto allegri e rumorosi…. è grande! A mezzanotte ci sarà pure un bar aperto per ordinare un litro di caffè e svegliarsi da quell’incubo!
Ma una strana calamita li inchioda lì: probabilmente è una semplice assenza di sangue nelle vene, di ossigeno al cervello, di capacità di raziocinio. Solo l’adrenalina li tiene in vita.
“Sei nonna Ginevra?” domanda la Maga.
“Sì” la moneta compone la risposta.
La Gatta inizia a tremare visibilmente e a guardare gli amici in cerca di una condivisione delle emozioni. Luna e Dea fissano a bocca aperta la moneta e non muovono un pelo. Il professore è troppo concentrato (anche perché teme le reazioni di Galileo). La Regina Madre invece ricambia lo sguardo della Gatta e tenta di sorriderle per tranquillizzarla. Un tenue sorriso che arriva dritto al cuore della ragazza e accende una fiammella nel ghiaccio che ormai la invade.
“Vuoi dirci come stai?” chiede la Maga.
“Bene” risponde ancora la moneta.
“Vuoi dire qualcosa alla Gatta?” la Maga tenta approcci più significativi.
“Amore” cinque lettere che la moneta indica lentamente.
La Gatta vorrebbe piangere, ma non può, perché l’emozione preponderante adesso è solo la paura.
Improvvisamente, il pennuto Galileo inizia a muovere la sua cresta e parla: ”bugia! bugia! ….” ripete una, due, dieci volte.
La Maga lo guarda stranita. Ma ecco che Galileo si solleva in volo dalla spalla del professore, piomba come un meteorite sul turbante della Maga e inizia a beccarlo furiosamente. Pezzetti di stoffa dorata volano ovunque, mentre la Maga si alza di scatto dalla sedia, cercando di colpire il pappagallo senza essere ferita nelle mani. Il professore rompe il cerchio e si precipita verso quella strana coppia di esseri: vorrebbe togliere Galileo dal turbante, ma non riesce ad afferrarlo perché la Maga lo sovrasta di mezzo metro. Luna e Dea, contente della fine di quell’esperienza troppo impegnativa, ridono come due matte, fino alle lacrime. La Regina Madre rimane seduta e ferma: lei teme i pennuti! Che ci pensi il professore a salvare la Maga!
La Gatta, sinceramente, non sa proprio che fare. E’ più alta del professore ed arriverebbe ad afferrare Galileo, ma….  con l’unico barlume di razionalità che le è rimasto, riflette qualche nano secondo su quanto ha detto il pappagallo: “bugia!”
Forse aveva ragione il professore quando ha ipotizzato l’uso del pappagallo da parte della nonna come “canale di comunicazione” con loro? Bugia perché? Perché la Maga Circe è, appunto, solo una grandissima bugiarda? Una millantatrice?  Una medium falsissima come i suoi gioielli-patacca? Ebbè…. allora che se la sbrighi lei con il pappagallo! E se le becca un dito (magari quello con l’anello a teschio) le sta pure bene!
In quella lotta furibonda, la fattucchiera ha la peggio: scivola sulla cera colata dalle candele e cade a terra come un masso. Il turbante salta via dal capo.... insieme alla parrucca rosso fuoco. La sua povera testa rimane senza la finta chioma fluente e mostra qualche decina di capelli neri asfittici e  morenti.
Galileo, svolazza via, tutto contento di aver potuto  vendicare i poveri pappagalli sacrificati per il decoro del Papiro. Il professore riprende il pennuto: saluta in fretta tutti, imbarazzatissimo e un po’ frastornato per l’accaduto. E torna velocemente a casa, chiudendo a doppia mandata la porta, nel caso di ritorsioni da parte della dama spelacchiata.
La Maga sembra impazzita dalla rabbia: inizia a gridare contro la Gatta e le altre donne. Parla velocemente: non si comprende nulla di ciò che dice.
La Regina Madre cerca di riportare l’ambiente ad una condizione di normalità. Spenge le candele e le ripone nella sacca della Maga. Vi aggiunge il turbante devastato e malconcio, con annessa la parrucca color fuoco. Infine, porge un bicchier d’acqua alla Maga, per farla tranquillizzare un po’. Quest'ultima lo afferra e con un gesto plateale svuota il contenuto addosso alla Gatta.
L’esperta dell’occulto, ormai paonazza in volto e gonfia d’ira, fissa la Gatta negli occhi, urlando a gran voce: ”Tuuuuuu! Gatta malefica! Tu! Hai reso ridicola questa seduta! Io ti maledico! D’ora in poi questa casa non avrà più pace! Le anime dei morti sono giunte! Le anime dei morti ti puniranno!”
Mentre le quattro donne tornano nuovamente in uno stato pietrificato, la Maga afferra la sacca e come un’onda crescente di tsunami, devastante e incontenibile, si dirige verso la porta della mansarda,  capovolgendo qualsiasi ostacolo al suo addio definitivo e inappellabile a quel luogo da lei maledetto....  

mercoledì 14 dicembre 2011

La Gatta © by Barbara Giorgi - 17 capitolo

17.  LA  MAGA  CIRCE  &  CO.

Ogni giorno la nostra vita si incrocia con altre vite, a noi spesso sconosciute (o quasi): incontri di sguardi, qualche grazie o salve qua e là. Se va bene un sorriso, se va male una smorfia sarcastica. Dalla commessa del negozio all’addetto della pompa di benzina, dal cassiere di banca al vigile urbano. A volte queste “altre vite” entrano dentro la nostra senza tanti preamboli, senza chiedere il permesso. Possono essere incontri piacevoli, delicati e dolci come una fragolina di bosco, come un cioccolatino. Oppure possono essere pesantucci….  come un’impepata di cozze.

La vita della Gatta è una di quelle esistenze caratterizzate da incontri. Forse perché lei adora conoscere nuove persone (stimola la sua creatività). O forse perché lei è proprio una gatta curiosa, di nome e di fatto. E oggi, più che mai, non vede l’ora di incontrare la famosissima, competentissima, misteriosissima, fascinosissima (così dicono) Maga Circe. La Gatta ha spesso sentito parlare di questa esperta dell’occulto, ma non ha mai avuto il piacere di vederla, neppure in fotografia.
La Maga Circe, ex signorina Cesira, amica della Regina Madre, è un soggetto quanto mai fiabesco: alta come un corazziere, imponente come una lottatrice sumo, con capelli color rosso fuoco, occhi neri come la pece.  Ad ogni seduta spiritica si presenta truccata come una maschera del teatro greco, con vestiti da mille e una notte e quintali di gioielli-patacche di vari colori e modelli (il più minimal è un anello con teschio dorato che si estende per due falangi dell’anulare destro). Uno spettacolo di donna. Un concentrato di magia pret-à-porter. La potenziale figlia di Maga Magò e Mago Merlino.
La Maga Circe stasera va a casa della Gatta ma, come prassi, riceve i clienti nella sua pittoresca abitazione: un antico appartamento nel centro storico della città, a circa duecento metri dal Palazzo Malasorte. La sua casa sembra una grande scenografia teatrale:  dalla zona giorno alla camera da letto è tutto un  susseguirsi di drappi, veli, lampade ad olio (tipo quella di Aladino), enormi candelabri intarsiati, tappeti orientali sui pavimenti e appesi alle pareti, mobili cinesi di lacca rosso-oro e strane statue con volti grotteschi che rappresentano demoni. Odore di incenso ovunque. Un luogo alquanto inquietante. Ma instillare nel cliente un po’ d’ansia, aiuta senz’altro ad ottenere senza polemiche il prezzo richiesto per ogni consulto. E la Maga, con la sua attività,  riesce a vivere una vita niente male, togliendosi pure alcuni sfizi, come una villa nelle Isole Vergini (ottimo paradiso fiscale) e un piccolo yacht di seconda mano. Questa è dunque la nuova “amica” che la Gatta dovrà incontrare: quella che l’aiuterà a contattare nonna Ginevra. Finalmente.
Terminato il suo impegno di lavoro al Palazzo Malasorte, la Gatta saluta il piccolo lord seguace di Dracula (tenuto a debita distanza), il conte e l’amico stilista,  confermando la sua disponibilità per l’incarico proposto. Si dirige dunque verso casa, con la mente che saltella da un pensiero all’altro. Ormai l’ora fissata per la seduta spiritica si sta avvicinando e lei si sente combattuta tra due diversi stati d’animo: da una parte teme uno scambio di opinioni con l’anima della nonna (sarà tenera con lei oppure …..?), dall’altra è  eccitata all’idea di entrare in contatto con un’altra dimensione, con un mondo sconosciuto, ultraterreno,  misterioso. Con questa altalena di sentimenti, appena arrivata nella mansarda, la Gatta inizia a  riflettere sulla preparazione di un ambiente adatto ad una seduta spiritica. Già…. come deve essere organizzato, arredato, strutturato un luogo idoneo a ricevere anime? Cioè, non è che sia necessario preparare il servizio buono per il the (quello Limoges), né si deve tassativamente passare l’aspirapolvere e la cera sui pavimenti. I fantasmi, probabilmente, non badano a queste finezze e non hanno fisime da casalinga disperata. E allora cosa si può fare per ricevere degnamente delle anime vaganti? La Gatta decide di telefonare alle amiche: forse loro, conoscendo la Maga Circe,  possono consigliarla per il meglio.
“Luna, tesoro, ho un problema!  Non so cosa devo preparare per la seduta spiritica! Devo comprare delle candele? Ne ho qualcuna, ma no so se basta! Serve un registratore per la voce della nonna? Devo comprare delle carte tipo tarocchi?” la Gatta parla tutta d’un fiato. L’ansia inizia a svolazzare nell’aria.
“Tesoruccio! Stai tranqui! Va tutto ok! Lascia perdere candele, tarocchi e quant’altro. L’attrezzatura necessaria la porta la Maga con sé. Tu devi pensare solo a rilassarti….” e Luna, con tutta la dolcezza possibile, riesce a far riprendere un po’ di fiato alla Gatta.
Ma Dea strappa letteralmente il telefono dalla mano della sorella: “Ehi tu! Come va? Hai una tanica di acqua benedetta in casa? Perché se arrivano degli spiriti dannati poi ti si piazzano ovunque, anche nel frigorifero in mezzo alle fette di prosciutto! E non te ne liberi piùùùùùùù….” e Dea inizia a sghignazzare senza pietà per l’amica.
“Ma sei la solita fusa!  Un acaro ha più cervello di te! Ed è sicuramente meno dannoso!” Luna riprende il cellulare, rassicura ancora la Gatta e chiude con un “ti voglio tanto benissimissimo!”.
Vabbè. Nessuna preparazione ambientale. Quindi? La Gatta decide di rilassarsi un po’ sul divano, in attesa della magica serata. E si addormenta: in sogno rivede ancora  la nonna con un gatto nero. La nonna le sorride. Il gatto no…. sghignazza come Dea….
Ad un tratto, il campanello della porta suona. La Gatta si sveglia di colpo, si guarda intorno stranita come dopo un viaggio aereo ultraoceanico: effetto jet lag. Un po’ barcollando e con gli occhi sgranati per svegliarsi ben bene, si avvicina alla porta di ingresso.
“Chi è?” chiede senza guardare dallo spioncino.
“Ciao carissima. Sono il professore….” una voce bassa e gentile le risponde oltre la porta.
La Gatta apre e si trova davanti il professor Astrolabio con il pappagallo Galileo ben posizionato sulla spalla destra. Il pappagallo muove la testa avanti e indietro: le piume sul capo si alzano, formando una  cresta colorata. Sembra uno strano galletto.
“Ciao” dice il pappagallo-galletto. E ripete “ciao ciao ciao ciao….”
“Silenzio!” comanda il professore e Galileo, educatamente, tace.
“Siamo venuti, io e il mio amico pennuto, per la tua seduta spiritica. Ho pensato di portare con me Galileo perché non si sa mai: magari l’anima della nonna potrebbe scegliere lui come canale di comunicazione….” il professore giustifica così la presenza del pappagallo. Una ben strana presenza in una seduta spiritica.
“Salve professore. Grazie di essere qui. Beh! Per Galileo non saprei…. però mi fido di lei. Sì, potrebbe essere utile….” e la Gatta con un cenno della mano invita il professore ad entrare.
Mentre i due si accomodano e iniziano a parlare di ipotesi varie sull’aldilà, il campanello suona di nuovo. Effettivamente sono le ventidue: l’ora stabilita per l’evento.
La porta si apre nuovamente e la Gatta si ritrova davanti un gruppetto molto vivace: parlano tutti insieme, contemporaneamente. Anzi, tutte. Perché sono quattro donne: ma non sono quattro donne normali, regolari, sensate. Sono la Regina Madre, le due amiche Luna e Dea e la fantastica Maga Circe, probabilmente scesa or ora da un tappeto volante.
“Sssssalve….” sussurra la Gatta, certa di non essere né vista né ascoltata da quel gruppo variopinto e  rumoroso. Infatti le quattro donzelle (si fa per dire) non la degnano di un minimo sguardo. Ciascuna è intenta a portare avanti un proprio monologo, senza ascoltare le altre:  come in una torre di Babele, dove ognuno parla la propria lingua.  In quei secondi di attesa, nella speranza di un ritorno ad una pseudo-normalità, la Gatta osserva in silenzio  le quattro donne e la mise fiabesca di ciascuna di loro.
La Regina Madre indossa un abito di seta nero e bianco, attillato, con breve strascico e collo a gorgiera. Le maniche terminano con una lunga punta che  tocca quasi il pavimento. Sembra la strega, versione bionda,  di Biancaneve.
Luna e Dea indossano gonne gitane coloratissime, larghe e lunghe fino ai piedi. Hanno i capelli sciolti, orecchini a cerchio e ballerine dorate. Solo che le ballerine le tengono in mano e camminano scalze, come zingare d.o.c.: Dea ha qualche crampo al piede destro, ma non può permettersi un lamento, pena un declassamento rispetto alla tenuta gitana della sorella (che indossa pure un gilet decorato con piccoli corni rossi).
La Maga Circe…. ebbè…. lei è il top! Caftano d’obbligo, turbante dorato di seta damascata (per non farsi mancare nulla), babbucce dotate di campanello sulla punta (tipo quello delle mucche, ma ovviamente più piccolo). La Maga reca con sé una sacca di raso enorme, contenente tutto il suo armamentario maghesco.
“Io sarei qui sulla porta! Non so se mi avete vistoooo!” urla la Gatta stizzita da tutto quello schiamazzo.
“Per tutte le anime del Purgatorio! Sei la Gatta?” la voce possente della Maga fa tacere le altre voci di quella moderna torre di Babele.
“Già! Gatta di nome e di fatto…. artigli compresi! E lei, certamente, è….” la Gatta si blocca. Deve dire ”signorina Cesira” oppure “Maga Circe”? Probabilmente l’opzione numero due è quella giusta: “Cioè, lei è la Maga Circe….”
“Ah – ah – ah” la Maga emette una risatina ad intervalli, per sottolineare un certo sarcasmo “Beata innocenza! Ma certo che sì! Chi potrei essere in alternativa? Forse il Genio della lampada?”
La Gatta squadra dalla testa ai piedi quel corazziere con turbante: quella Maga non le piace per niente! E’ acida come una mozzarella andata a male! E’ antipatica come un herpes labiale! E’ invadente come la piaga egizia delle cavallette! E questa montagna di damaschi e sete dovrebbe tentare una comunicazione con nonna Ginevra? Probabilmente la Maga non ha la più pallida idea del bel caratterino della nonna….

domenica 4 dicembre 2011

La Gatta © by Barbara Giorgi - 16 capitolo

16.  ARCIBALDO   MALASORTE


Una giornata di sole ha sempre il suo “perché”. Non possiamo certo paragonare il nostro risveglio mattutino illuminato da caldi raggi con un giorno segnato da un cielo cupo e bagnato dalla pioggia. Non c’è guerra, non c’è confronto: il sole vince sempre e comunque. Il sole ci dà la carica per affrontare meglio la giornata, stimola le nostre endorfine, ci mette in pace con il mondo e con il nostro “io” (con il “super-io”…. no, perché quello è sempre troppo pretenzioso).

Eh già. Ma la Gatta, dopo la notte bombardata dal suono della sveglia, non ha la fortuna di vedere il sole. Il suo dormiveglia è disturbato da una luce grigiastra: nel cielo, nuvole gonfie come schiuma, lasciano intravedere solo qualche piccola onda azzurra.  Con quella luce fredda e poco rassicurante, la Gatta esce dal suo stato mummificato. La mente è ancora vuota, ma lei tenta di stimolare qua e là connessioni cerebrali che le permettano di pensare ed agire.  Intanto, caffè per svegliarsi: il solito caffè nero senza zucchero, che le dà sempre la scarichetta elettrica del primo mattino. Davanti alla tazzina bollente, inizia a riflettere sull’incredibile avventura notturna: una sveglia che suona per ben due volte, in modo completamente autonomo, indipendente. La prima cosa da fare, probabilmente, è liberarsi del marchingegno, sicuramente rotto. No. Non vuole neppure farla aggiustare: quella sveglia deve uscire da casa sua, nel giro di un’ora al massimo e deve finire i suoi giorni dentro l’apposito, specifico cassonetto dell’immondizia. Senza possibilità di condono, grazia,  sconto della pena. Si merita la pena del contrappasso:  le ha fatto fare dei salti nel letto? E allora farà un bel salto nell’immondizia!
La Gatta prende l’oggetto malefico e lo osserva timorosa. Lo gnomo raffigurato sul quadrante sembra non promettere nulla di buono: le sue braccia sono le lancette. Ha un cappellaccio a punta color verde muschio, un vestito rosso con un gran cinturone. Ha barba e baffi bianchi, come il professor Astrolabio. E pure la pancia tonda sembra quella del condomino Genio. Quello gnomo ha un certo sorrisetto che non le piace per nulla. Anzi, non l’ha mai convinta! Quella sveglia è un regalo di Luna e Dea dell’ultimo Natale…. vabbè,  loro capiranno il suo “gesto liberatorio”.
La Gatta incarta quello strumento impazzito ed esce di casa velocemente. Ecco che la sveglia fa un bel volo nel cassonetto. Un tonfo sordo, cupo. Detto, fatto.
Mentre sale le scale, si ferma davanti alla porta del professor Astrolabio: deve invitarlo alla seduta spiritica. Suona quindi il campanello della porta del  Genio e attende.
Il professore apre la porta: appollaiato sulla sua mano sinistra c’è il pappagallo Galileo, stranamente silenzioso, mentre ai suoi piedi ondeggia lentamente il pitone Orione. I gatti stanno arretrati: quando Orione è libero dalla sua teca, loro camminano a distanza di sicurezza, possibilmente saltando su mobili e credenze. Hanno la schiena arcuata e le gambe anteriori ben tese in avanti: sono in posizione di attacco-difesa.
Il Genio le sorride: “Oh, cara ragazza! Buondì! Cosa posso fare per te?”
La Gatta, rincuorata dalla gentilezza del professore, gli spiega per filo e per segno le sue intenzioni.
“Bene. Cioè no. Bene per niente. Male, malissimo. Le sedute spiritiche sono pericolose: se gestite da medium inesperti possono causare gravi conseguenze. Si possono presentare anime dannate o demoni, che poi si vendicano del disturbo che rechiamo loro. E agiscono nei modi più assurdi, pericolosi, subdoli!” esordisce il professore, con profonda convinzione.
Ma la Gatta, usando tutta la sua dolcezza, riesce a convincerlo: dopo cena, ore ventidue, nella mansarda. E quel che deve accadere, accada!
La Gatta rientra in casa soddisfatta o, almeno, un po’ più rilassata. A questo punto deve concentrarsi su due impegni focali della sua giornata: un appuntamento di lavoro con il Conte Malasorte (nobile verissimo)  e la seduta spiritica della sera. Però oggi, per prima cosa, deve pensare a lavorare: mica può vivere di aria fritta! Va bene pensare ai fantasmi,  ma il quotidiano è fatto soprattutto di esseri viventi.
Telefonata veloce per confermare l’incontro ed ecco che la Gatta si prepara con la cura di un’esperta lookologa: lo fa soprattutto per tenere la mente impegnata in cose materialissime, superficialissime. Così, ogni idea sugli spiriti, pian piano diventa uno sfocato sottofondo (almeno per ora).
Confezionata a dovere, esce nuovamente di casa. In una manciata di nani secondi, la Gatta si ritrova davanti all’ingresso del palazzo del Conte. Sopra il portone antichissimo, dotato di punte di ferro acuminate, si staglia lo stemma di famiglia: uno scudo di pietra con una bella civetta. Un animaletto davvero simpatico: un ottimo auspicio!
Mai visti prima, né il palazzo, né il Conte.  Il contatto l’ha creato lo stilista red-carpet, il Genio Leo. La Gatta, da espertissima interior designer (tra le tante cose artistiche che fa o tenta di fare) deve fornire il suo consulto per l’arredo della stanza del pupo. Sì, del “delfino” di casa, dell’erede della casata. Esemplare maschio, ovvio! E l’esemplare si chiama Arcibaldo e ha circa tre-quattro anni di vita.
Proprio mentre sta per suonare il campanello dell’immenso portone, ecco che appare come una luce nella nebbia,  il Genio Leo. Sobrio come sempre, ha blazer e occhiali rosa confetto e un foulard tigrato.
“Ohi….. amooooo…. son giunto!” e nell’aria, si ode la voce ansimante dello stilista.
“Ma non era necessario che tu venissi! So cavarmela perfettamente da sola! Mi hai fissato l’incontro, ma poi posso gestire io la cosa!” la Gatta pronuncia queste frasi con suoni secchi, scanditi, a voce leggermente alta. Probabilmente è risentita della mancanza di fiducia. Lei non ha bisogno di baby sitter!
“Ma amoooo….  non sono qui per farti da chaperon…. sono qui solo per carineria nei tuoi confronti!” e il Genio tenta di rimediare al malfatto. La Gatta fa una smorfia e non replica: la cosa non la convince, ma deve adeguarsi. Suonano il campanello. Il portone, dopo qualche secondo, è aperto da un omone di due metri vestito da pinguino.
”Prego!” tuona il pinguino e, senza chiedere nomi, motivo della visita o altra notizia, fa strada lungo una corte interna. Bellissima. Al centro c’è una fontana di pietra con una donna seduta su una vasca circolare: tiene in mano un’anfora da cui scaturisce uno zampillo d’acqua. Intorno alla fontana, rose bianche e felci. Il giardino è colmo di fiori di ogni colore e profumo. In un angolo, l’unica nota dolente: sette brutti nani di marmo fissano la Gatta con aria di vendetta. Sembrano i cugini dello gnomo della sveglia. Forse lo sono davvero.
Non ti curar di loro  ma guarda e passa….” pensa lei, distogliendo lo sguardo dai sette tipacci.
Arrivati nel salone di ingresso, il pinguino pronuncia una seconda parola, con voce grave e una certa aria di comando: “Attendete!”
I due non osano fiatare o muoversi. Per un po’, perché poi la curiosità della Gatta ha il sopravvento. Ecco che inizia a girare per il salone, osservando quadri antichi, statue, arazzi e pure il lampadario, che sembra la taglia extra-large di quello che lei ha nello studio. Questo ha gocce di cristallo grandi come mele.
“Bonjour à tout le monde!” una voce maschile, armoniosa, gentile. Il Conte Malasorte. Alto, magro magro, con due baffetti tipo Zorro, un abito nero illuminato da un papillon a pois.
“Ma è vero oppure ….?” pensa la Gatta.
“Bonjour à vous!” e il Genio Leo saluta il nobile.
“Mi perdonerete se parlo la lingua italiana e dico buongiorno!” la Gatta tenta di tagliar corto con tutto quel francese che sa tanto di zucchero filato.
I due filo-francesi la guardano con stupore e un po’ di orrore: loro sono abituati a parlare quella lingua nel quotidiano. Noblesse oblige. Ma lo sguardo della Gatta non permette alternative: lingua italiana sia!
“Cara ragazza….” il Conte le si avvicina con le mani tese “il nostro amico Leo mi ha tanto parlato delle sue grandi capacità artistiche e creative, per cui ho chiesto di poterla incontrare per avere il suo consulto su un caso difficilissimo da trattare!”
Ora la Gatta è addolcita dalle parole del conte: ”signor Conte, sono a sua disposizione….”
“Oh, dunque. Il mio pargolo Arcibaldo, discendente ultimo della casata, necessiterebbe di un’adeguata locazione per i propri giuochi e passatempi. Vorremmo a ciò adibire una stanzuccia di cinquanta metri quadrati, attualmente in disuso, qui nel mio palazzotto. Urge dunque il suo consulto per l’arredo.” E il nobile, con il suo parlar forbito, enuncia la richiesta.
Forse coinvolta eccessivamente da quei termini paleozoici, la Gatta esorta: ”orsù, dunque, andiamo a visionare in loco….”
Nella stanzuccia di cinquanta metri, li attendono il pargolo e l’istitutrice tedesca. La Gatta vede un esserino con boccoletti d’oro, vestito da piccolo lord, con abito di velluto e camicia di pizzo bianco. Sembra un angioletto sceso dal Cielo: accanto a lui, un demone in carne e ossa, che emette comandi in una lingua tagliente come una spada.  Il povero angioletto saluta padre ed ospiti. La tedesca se ne va, camminando rigida come una marionetta, con le labbra serrate in un simpatico ghigno.
Dopo un gran parlare di tinta delle pareti, mobilio, luci, tendaggi e arredi vari, il Conte e il Genio Leo si allontanano: devono discutere di affari nello studio personale del nobile. Nella stanza, rimangono la Gatta e il piccolo lord.
“Allora, caruccio, ti piace l’idea di una stanza per i giochi? La faremo tutta colorata!”  la Gatta gli sorride.
Il pargolo la fissa serio: i suoi occhi sono spilli pungenti. Scuote i riccioli d’oro come se volesse creare un tornado e le punta contro l'indice destro. Sembra in procinto di lanciare un anatema.
“Fa schifooo!” urla con una vocetta stridula “vojo  una stanza tutta buia! E Dlacula con i pipistlelli che volano!”
La Gatta lo fissa a bocca aperta. E’ un anticipo della seduta spiritica della sera? Il piccolo lord non è un angioletto, ma un posseduto?
“Dra…. Dracula?” balbetta lei
“Sì, Dlacula. E poi vojo uno scheletlo! E  dlaghi,  olchi,  stleghe  cattivissime!” il pargolo urla sempre più forte. Ad un tratto tace. Poi ci ripensa e lancia un ultimo ordine perentorio: “E vojo la civetta!”
Sì. Ora la Gatta ne ha la conferma. Il Destino le sta regalando una gentile anticipazione di ciò che l’attenderà in serata. E questo è solo l’antipasto….