25. L’IDEA
DI DEA….
Concludere una serata
romantica non è cosa facile. Soprattutto quando si tratta della prima,
dell’incipit, dell’ouverture. Ci si dice “ciao, ci vediamo” oppure ci si
scambia un bacio oppure….? Non ci sono
regole fisse. Il mondo è già talmente colmo e stracolmo di regole, il mondo è
già alquanto intriso di diktat, il mondo è già così noioso e scontato! Perché
quindi cercare precisi steps anche nelle emozioni? No, davvero….
“No, davvero!” pensa la
Gatta, sopraggiunta sotto casa sua, insieme al Duca, grazie alla moto supersonica.
Il gioco della verità è
finito poco prima. Almeno per questa sera. Adesso arriva il momento più
delicato. E la Gatta non sa assolutamente cosa fare. Forse potrebbe offrirgli
un caffè, così, tanto per digerire quel minestrone di ostriche, pizza e gelato.
Sì, forse un caffè: sa così tanto di invito gentile, tranquillo, elegante.
“Allora ciao! Ti ringrazio
per la serata. Sono stata davvero bene! Ci sentiamo presto, va bene?” e le
parole escono dalla bocca della Gatta, in perfetto disaccordo con le sue
intenzioni. Niente caffè.
“Ah…. d’accordo! Stasera sono stato benissimo con te…. Vorrei
vederti presto. Posso telefonarti?” chiede il Duca, mentre la guarda con
l’intensità di mille watt.
La Gatta tenta di
distogliere lo sguardo, per non avere ritorni di tachicardia galoppante. Ma lui
le prende entrambe le mani e le bacia delicatamente le labbra. Mezzo secondo di
contatto o anche meno, forse è solo un nano secondo di labbra vicine: ma questo
basta e avanza. Perché quando una ragazza è già sulla graticola, basta una
piccola, infinitesimale, incontrollabile, vagante fiammella in più e…. tutto
divampa.
“Devo andare!” e la Gatta
si gira sui tacchi-tortura, apre il portone e vola sulle scale, saltando gli
scalini due a due. Con i tacchi, con i crampi, con la vista appannata.
Appena chiusa la porta
della mansarda dietro di sé, si ferma e cerca di riprendere fiato.
“Sei stupida? Ma dico io: agitarsi
solo per un bacetto insulso, insignificante, da scolaretta! Ah no: deve essere
tutta colpa del gelato e di un blocco della digestione!” e la Gatta parla con
se stessa tanto per fare un po’ il punto della situazione “Certo una tipa tosta
non si fa prendere dal panico per così poco, per un bacetto tirato via e dato
da un tipo così…. così…” Così come?
La Gatta si guarda allo
specchio. Sospira: “Così unico e speciale….” Forse è il momento di abbassare le
difese: la corazza non serve più. Ma la Gatta preferisce non ammetterlo.
“Si, vabbé. Ora basta e vai
a nanna” continua, parlando con quell’“io”
che le fa tanta compagnia.
A letto, sdraiata e rilassata (si fa per dire) il
mondo sembra diverso. Tutto è in orizzontale: anche i pensieri. Quindi più
lenti, quasi fermi: come un lago, come una pozza d’acqua tranquilla
e statica. Ma ogni tanto in quella calma piatta, può esplodere una scintilla.
La serata con il Duca per
ora è riposta in un cassettino della memoria. E la mente va a ripescare momenti
recenti un po’ inquietanti. Per esempio, quella sveglia ancora lì vicino al
letto che sembra vivere una vita propria: un oggetto animato, pensante e quasi un po’ sadico.
“Non sarà che…. qualcuno
posiziona la suoneria? Non sarà che…. qualcuno ha rimesso la sveglia accanto al letto
dopo che l’avevo gettata via? Non sarà…? E chi è questo “qualcuno”? Se è vero
che nonna Ginevra è vicino a me, potrebbe essere lei. E perché mai dovrebbe
giocarmi questi scherzi? Certo lei è sempre stata strana, anche più di me. Il
dna non è acqua. Forse vuol solo dirmi che c’è! Chissà! Vai a capirla! Devo parlarle per bene. Domani mi piazzo davanti al quadro e le faccio un bel
discorsetto come dico io!”
E passata da un lago di
pensieri ad un mare in tempesta, la Gatta si abbandona esausta tra le onde. E
si addormenta.
Il mattino ha l’oro in
bocca. Ma il mattino della Gatta sembra che abbia in bocca il piombo. Due o tre
chili e anche di più. Vuoi per la cena della sera prima (con soste tra due
ristoranti e chiusa di gelato), vuoi per gli incubi notturni, vuoi perché piove
a dirotto e il cielo è più cupo della faccia della Maga Circe.
Solo una cosa riscalda ed
illumina un po’ il tutto: il pensiero di quel bacetto veloce…. ma tanto, tanto
romantico.
“Devo riunire il Consiglio:
devo parlare con le due folli!” pensa la Gatta mentre afferra il cellulare con
gli occhi ancora semichiusi dal sonno “Tanto non hanno mai niente da fare,
vivono di rendita e se la godono. Beate loro!”
“Lunadea vn grz (venite
grazie)” sms veloce e via.
“Gattamatta vn sb
(veniamo subito)” sms di risposta.
La Gatta si prepara e, come
da intenzione notturna, si posiziona davanti al quadro della nonna ed inizia il
suo monologo: “Senti cara nonna, io ti voglio un mondo di bene, lo sai. Ma
questi scherzi e scherzetti di nebbioline, sveglie transitanti, pappagalli
parlanti e via dicendo non mi piacciono per niente! Perché mi spavento, non
dormo e ho gli incubi. Come da bambina. Lo so che sei più strana di me, ma so
anche che mi ami. Quindi: o ti fai vedere e ne parliamo un po’…. oppure…. evita
di farmi prendere infarti!” e tutta soddisfatta del suo monologo molto
razionale e convincente la Gatta manda un bacio alla nonna. Anzi, al quadro.
Poi ci ripensa e aggiunge: “vorrei anche sapere perché ti fai vedere da quel
diavoletto di Arcibaldo Malasorte e gli racconti pure le favole, mentre a me
fai solo scherzi bislacchi! Parliamone….”
Ma suonano al citofono e la
Gatta deve interrompere il suo rimprovero a nonna Ginevra.
L’associazione a delinquere
Lunadea entra come un tornado. Del
resto, quando le due ragazze sono presenti in una stanza o in qualsiasi
ambiente circoscritto, tutto cambia. L’aria diventa frizzate, la luce si fa più
intensa, ogni rumore è amplificato. La mansarda adesso sembra una pentola a
pressione. Anche gli insetti si spaventano: i ragni fuggono dalle ragnatele, le
mosche cercano nascondigli dietro ai mobili. Eccole dunque. Pronte per l’uso.
“Gattamattaaaaa! Baci baci!
Problemi?” e Dea sintetizza tutto un mondo di concetti profondi e impegnativi.
“Gattina bella! Siamo
arrivate più veloci della luce e di Batman! Tvtb!” esclama Luna.
“Tvtb? Ma la smetti? Mica
sei a scrivere sms!” precisa Dea.
Ma la Gatta interrompe
subito qualsiasi tentativo di litigata tra le due sorelle: “Volevo farvi sapere
che ieri sera sono uscita con quel…Duca….”
“Noooo! Racconta!”
esclamazione all’unisono di Lunadea.
E la Gatta, accoccolata sul
divano con il suo cuscino preferito sulla pancia (chissà perché….), inizia il
suo resoconto dettagliato della sera precedente. Le due ragazze ascoltano senza
emettere un suono, con gli occhi
spalancati come se si trattasse di un racconto horror.
Alla fine, la Gatta chiede
il parere del Consiglio lì riunito: “Quindi? Ora come procediamo?” e usa il
plurale per sentirsi meno sola nella decisione.
“Io dico che qui devi
andare avanti subitissimo. Devi giocartela bene e velocemente!” Dea sentenzia.
“Io dico che devi fermarti
a pensare e andarci piano!” Luna controbatte.
“Vedo che siete in
sintonia, come sempre!” sbuffa la Gatta “Vabbè, tanto la decisione spetta a me!
Credo che farò un pot-pourri dei vostri consigli. Cioè: vado avanti ma.… calma
e gesso!”
La Gatta tace. Riflette
pochi secondi e poi ricomincia a parlare, ma il suo discorso subisce una
repentina deviazione di tema: “Ho ancora problemi con…. la nonna!”
“Cioè?” Dea è sempre
interessata ai fantasmi.
“Per motivi di lavoro, ho
conosciuto un nobile, il Conte Malasorte. E pure suo figlio, un bimbetto di
pochi anni che si chiama Arcibaldo. Il piccoletto sembra un po’ strano. Anzi,
tutto è alquanto strano. In un salone del
palazzo c’è un autoritratto di nonna Ginevra: il conte dice che è una nobile
amata da un suo avo e che in giro ci sarebbero cinque suoi autoritratti. Quindi,
se consideriamo quello che ho io e quello che ha lui, ne mancano tre. Ma il
fatto allucinante è che il piccolo Arcibaldo sostiene che…. la nonna esce dal
quadro e gli racconta le favole….” la
Gatta racconta tutto in un unico fiato.
“Ah-ah-ah ….ma daiiiii!
Nonna Ginevra che esce da un quadro, si fa un giretto e racconta favole ad un
marmocchio! E poi come ci rientra nel quadro? C’è un pulsante on-off?
Ah-ah-ah…. mi fa male la pancia dal ridere…..” Dea dà il meglio di sé.
“Ma quanto sei ottusa! Se
la Gatta dice che è così… è così! Io le credo!” Luna rincuora l’amica.
“No. Non dico che sia la
realtà delle cose. Ma mi chiedo: può arrivare
a tanto la fantasia di un bambino? Troppi dettagli. Troppe coincidenze.”
“Mmmhhh….. eh sì!” le
certezze di Dea iniziano a vacillare “Comunque, per la cronaca, io credo ai
fantasmi. Ma non capisco tutti questi strani fatti ricollegabili alla nonna!”
“Nessuno può
comprenderli. Gli esseri umani non
possono comunicare tanto facilmente con mondi ultraterreni….” e Luna usa un po’
di buonsenso.
La Gatta tenta allora un
ragionamento: “Sì, ma proviamo lo stesso a capirci qualcosa. Dando per scontato
che sia tutto vero (facciamo questa ipotesi), io domando: perché questi
autoritratti in giro? Perché la nonna racconta favole ad Arcibaldo? Perché la sveglia che suona quando
le pare e viaggia dal cassonetto a casa mia? Perché un pappagallo che dà della
bugiarda alla Maga Circe? C’è per forza qualcuno dietro a tutto questo! E a me
viene in mente la nonna, visto che mi ritrovo segni della sua presenza in ogni
dove!”
“Gatta! Io ho un’idea
meravigliosa! E secondo me è la chiave di tutto!” esplode Dea, saltando in
piedi come spinta da una molla di sapienza.
“Pendiamo dalle tue
labbra…” ironizza Luna.
“Ebbene, la chiave di tutto
sono i cinque autoritratti. Dobbiamo
capire dove sono gli altri tre!” Dea illumina tutta la stanza con le sue parole.
La Gatta e Luna spalancano
la bocca. Silenzio. Forse la teoria di Dea non è così folle?
“E cosa facciamo ora?”
chiede la Gatta.
“Analizziamo, setacciamo,
valutiamo ogni possibile indizio, ogni traccia! La nonna ci metterà sulla
strada giusta!” e Dea ora levita un metro dal pavimento. E’ davvero
soddisfatta di sé. Che mente!
“Sì, ma perché i cinque
autoritratti sarebbero la chiave di tutto?” domanda provocatoriamente Luna.
Ulteriore silenzio. Momento
di profonda riflessione. Poi la Gatta, con qualche lacrima agli occhi, sussurra:
“Forse perché la nonna amava dipingere: esprimeva le sue emozioni e comunicava
con gli altri soprattutto con i suoi quadri. Forse ha scelto questa forma di
dialogo anche con me: vuole che io arrivi a lei, usando il suo linguaggio più
bello….”