La Gatta, una favola moderna .....

LA GATTA, UNA FAVOLA MODERNA


La Gatta vi dà il benvenuto....

La Gatta potrà essere la vostra amica virtuale nei giorni di pioggia, nei momenti di solitudine...

La Gatta proverà a farvi sorridere con le sue stranezze, con le sue piccole follie...


Potete comunicare con la Gatta, inviando mail a: lagattabybarbara@gmail.com

L'indice dei singoli Capitoli è nell'Archivio in fondo alla pagina blog.... lì troverete anche i primi Capitoli....

Buona lettura :)



venerdì 21 ottobre 2011

La Gatta © by Barbara Giorgi - 11 capitolo


11. QUEL  GRAN  GENIO DI  LEONARDO….


All’interno del variegato, variopinto, variabile, vigoroso universo maschile, è possibile individuare anche la categoria del Genio. Ma chi è il Genio? Semplice. E’ colui che si distingue dal resto degli ominidi testosteronici perché cerca disperatamente di far prevalere i neuroni sugli ormoni. A volte ci riesce pure: tutti dobbiamo rivolgere un pensiero di sincera gratitudine ai vari inventori della ruota (ma se l’avesse inventata una donna?), del telescopio, della lampadina, del telefono….
Il Genio soffre un po’ di dover soggiornare sullo scalino dell’Homo: infatti guarda sempre con invidia la posizione top della Donna Sapiens Sapiens, tentando anche attacchi con catapulta, ma non riesce mai ad arrivare al dunque, perché la Donna è avanti all’Homo, al Genio, alla realtà,  alla materia tutta. Perché lei sa muoversi tra favola, emozioni, anima: lei è un po’ più vicina al Paradiso.
Quindi Geni rassegnatevi! Continuate pure ad inventare telefoni sempre più complicati (che non sono più telefoni, perché ormai friggono anche le uova e tostano il pane)…. ma la Donna avrà sempre una marcia in più!
Nella categoria globale dei “Geni si nasce-Geniacci simpatici-Geni della lampada-Geni ingegnosi-Geni in cerca di ingegno-Genietti dei boschi”  si trova anche il nostro Genio dell’alta moda che vive trenta ore al dì nel suo elegantissimo ate (come già detto, l’atelier), circondato da uno stuolo di collaboratori-trici che non sa neppure lui quanti siano, come siano capitati lì e quali siano il loro nomi. Infatti li chiamo tutti “Coso” o “Cosa”. Del tipo: “Coso, please, passami gli aghi che sennò facciamo notte!” oppure “Cosa,  sorry, dammi un taglio qui, perché lo strascico è più lungo della muraglia cinese!”.
Il nostro stilista red-carpet è particolare anche nel nome. Il cognome già promette bene: Davincis (tutto attaccato, con esse finale). I genitori, alla sua nascita, avevano deciso di sottolineare una certa, lontana, omonimia con quel signore di tutto rispetto che disegnò l’Uomo Vitruviano. E così avevano chiamato il loro erede…. Leonardo.
E il nostro Leonardo Davincis, probabilmente per abitudine e comodità,  aveva deciso di mantenere il suo vero nome anche nella professione. Sì, certo, aveva pensato anche a cambiamenti tipo Giotto,  Donatello, Michelangelo, Raffaello (tanto per rimanere in tema artistico), ma poi era tornato alle origini. Alla mamma sarebbe dispiaciuto molto vedere le creazioni di alta moda di quel Genio del figlio, firmate con nomi di pittori…. qualsiasi…. E poi Leonardo Da Vinci (quello vero) fu un uomo più che completo: artista, scienziato, ingegnere e molto altro ancora!
Quindi il nome oggi è rimasto tal quale, ma diventa Leo per la Gatta e per gli amici più intimi. Leo sembra piuttosto il nome di un cocker, ma tra amici può anche  andare bene!
Il nostro Genio non passa certo inosservato. Quando entra in una stanza,  riesce sempre a catalizzare l’attenzione: è come un ciclone che ingloba tutto  nel suo cono di energia. Alto, sottile, con capelli neri cortissimi, elegante nel fisico e nel portamento. Due occhi azzurri dietro un paio di occhiali   che ogni volta vengono cambiati in base  all’abbigliamento,  allo stato d’animo, agli appuntamenti di lavoro, alle condizioni meteo e al giorno della settimana. Possono andare dal rosa confetto al rosso ciliegia. Quando è particolarmente ispirato,  il Genio indossa quelli zebrati.

Dopo una bella sudata nel traffico tra spider color verde speranza, furgoncini arrugginiti,  scooters  saettanti, biciclette incerte e quant’altro possa offrire oggi la splendida realtà cittadina, ecco che la Gatta si ritrova davanti al portone di ingresso dell’atelier. Suona decisa il campanello:  il nome “Leonardo Davincis” troneggia su una targa di ottone incorniciata da strass e perle. La Gatta quando la guarda non sa mai decidersi se le piace o le fa venire mal di testa.
Entrata nel palazzo, si dirige attraverso un corridoio affrescato come la Cappella Sistina, verso una porta rivestita di pelle nera. La porta è socchiusa e la Gatta entra con il suo passo felpato, pronta a tirare fuori gli artigli in caso di “attacchi” causa ritardo.

La stanza del laboratorio è anch’essa affrescata, sul soffitto. Le pareti sono dipinte d’oro (ovvio!)  e  il pavimento è in seminato veneziano di mille e più colori. Il Genio Leo è circondato da un’allegra corte  di Cose e Cosi, tutti infilati in camici bianchi di cotone: sembrano infermieri in una sala operatoria. Lui è chinato davanti ad una modella giunonica, con capelli ramati lunghi e ondeggianti. La modella è ferma come una statua di sale: sembra che non respiri…. forse non respira proprio….  forse  è  proprio una statua….
“Anche perché – pensa con un po’ di stizza la Gatta – è un po’ troppo…. perfetta!”
La modella-statua  sposta leggermente il suo sguardo glaciale verso la Gatta: la fissa dall’alto del suo metro e ottantatre  di altezza (senza scarpe) e fa una leggera smorfia.
Mentre la Gatta sta per ricambiare lo sguardo con la stessa capacità comunicativa, ecco che il Genio si accorge della sua presenza nella stanza, si alza dalla posizione fetale e le va incontro. Ma dopo due passi, si inchioda stupito al pavimento.
“Stellina bella!  - lei non è chiamata “Cosa” come le altre -  come ti sei vestita?  Da dove  nasce  questo look da menopausa?”
Look da menopausa? Come osa.... ? Il suo look è semplice, ma chic! Le dita della Gatta si inarcano: gli artigli iniziano ad allungarsi a dismisura. La Gatta soffia aria dalle narici e fissa con i suoi grandi occhi di giada lo stilista red-carpet Genio dell’alta moda. Cosa accadrà?
“Però sei bellina come sempre e io ti adorooooo…. Oggi più che mai perché ho bisogno del tuo aiuto!”
La Gatta ritira gli artigli e il naso cessa di emettere aria. Comunque si gira di scatto verso la statua di sale e la guarda con aria di sfida, della serie “prova a dire qualcosa e ti smonto pezzo per pezzo!”
Ma è ora di pensare al lavoro: ci vuole un’idea per l’abito da sera. Deve essere qualcosa di eccezionale, mai visto. L’opera d’arte - più artistica - della storia dell’arte. Perché le creazioni del Genio non sono solo abiti: molto probabilmente, in un prossimo o lontano futuro saranno esposte al  Louvre, al Prado, al British Museum, negli Uffizi.
Il vestito proposto dalla Gatta forse non sarà esposto nei musei, ma non è da sottovalutare: un abito sottoveste rosso veneziano, lungo fino ai piedi, rifinito all’orlo con pizzo macramè. L’opzione è  sul colore: potrebbe anche essere nero notte-profonda. Lo stilista deve riflettere bene su queste alternative: ne va del suo prestigio.
Dopo lunghe discussioni sul rubino e la notte-profonda, il Genio decide per un color oro. Una scelta obbligata: la diva che lo indosserà…. dovrà splendere di luce propria (ma forse quella diva deve ancora nascere). Quindi fa portare qualche metro di seta oro e inizia a drappeggiarlo intorno alla modella-statua, adrenalinico per il lavoro che lo attende.
Bene. Dopo tanto impegno fisico-cerebrale, tutto il gruppo di lavoro di Cose e Cosi lì presenti abbandona la stanza per la pausa pranzo. Educatamente lo stilista chiede alla Gatta:  “Amo….  Stellina bella…. Cosa vorresti mangiucchiare?”
“Va bene un tramezzino al tonno” risponde lei,  esausta dopo il testa a testa  del vestito.
“E tu? La solita insalata scondita?” chiede il Genio alla statua con i capelli di rame.  La statua annuisce.
Arriva il cibo ordinato al baretto di fronte all’atelier. La Gatta nota che la statua ora si sta muovendo: con indice e pollice destri apre la confezione contenente l’insalata scondita. Preleva una foglia verde, larga circa cinque centimetri (è almeno mezza caloria) e la osserva con attenzione, prima di introdurla in bocca con aria un po’ rassegnata. La Gatta pensa a Dea…. pensa a quei laghi di olio d’oliva,  dove le foglie di insalata  navigano come chiatte lente. E mentre continua a fissare quel quadro triste della statua che mangia foglie scondite, addenta il suo tramezzino al tonno-maionese-pomodoro. Chiude gli occhi: se dovesse scegliere tra uomini e cibo, non avrebbe dubbi. Un tramezzino così è certamente meglio di qualsiasi uomo passato, presente o futuro. Un tramezzino così fa dimenticare qualsiasi uomo, compresi Duchi, individui dentro spider color verde speranza, stilisti red-carpet  e quant’altro possa offrire Madre Natura.

Il pomeriggio trascorre ancora tra prove d’abito, Cose e Cosi, statue di sale… e arriva l’ora di tornare verso il nido, la sua bella e accogliente mansarda.
La Gatta saluta tutti, anche la statua, esce dalla porta di pelle e poi dal portone, non guarda la targa di ottone con strass e perle perché non vuole avere incubi notturni, sale in auto e, come in trance, guida verso casa.
E’ ormai arrivata davanti al portone: sale le scale sbadigliando un po’. Ondeggia dentro le ballerine per la stanchezza. Sull’ultimo scalino si ferma: spalanca occhi, bocca e narici.  Lì,  proprio davanti alla porta della sua mansarda, c’è un cesto in rattan con una forma che ricorda la testa di un gatto. Dentro la testa del gatto, c’è una cupola di rose rosse….. anzi….  boccioli, tutti boccioli piccoli, ben chiusi, color rosso sangue. Sembrano di velluto, ma sono veri, verissimi: boccioli di rosa che emanano un profumo sottile, delicato.
Da un orecchio della testa di gatto, pende un biglietto bianco, senza busta: “Mi hai perdonato? Ti invito a cena: passo a prenderti stasera, ore venti. Duca.”
La Gatta esplode in un:  “ma guarda un po’ questo!”
Poi controlla l’orologio: sono quasi le diciannove (o sette p.m). Manca poco più di un’ora. Intanto farà una doccia: sotto l’acqua, ispirata dal suo bagnoschiuma al patchouli,  potrà riflettere un po’ sui marziani.
E così….   raccoglie il gatto di rattan con i boccioli di rosa, entra nella mansarda e chiude fuori le follie del mondo….