La Gatta, una favola moderna .....

LA GATTA, UNA FAVOLA MODERNA


La Gatta vi dà il benvenuto....

La Gatta potrà essere la vostra amica virtuale nei giorni di pioggia, nei momenti di solitudine...

La Gatta proverà a farvi sorridere con le sue stranezze, con le sue piccole follie...


Potete comunicare con la Gatta, inviando mail a: lagattabybarbara@gmail.com

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Buona lettura :)



giovedì 9 febbraio 2012

La Gatta © by Barbara Giorgi - 22 capitolo

22.   FEMME   FATALE  


I bambini non sono semplicemente degli esseri umani: ciascuno di loro racchiude in sé qualcosa di piccolo ed ingenuo e qualcosa di grande ed inspiegabile. Vivono la quintessenza della fantasia. Non hanno preconcetti, non coltivano stereotipi, non vivono in compartimenti stagni. Sono pura energia mentale che, se lasciata libera, può andare oltre i limiti della cosiddetta ragione. Loro possono entrare ed uscire dalla dimensione dell’irreale come e quando vogliono: non pongono confini di sorta tra la realtà e l’immaginazione. Hanno paura del lupo cattivo perché questo nel loro mondo esiste davvero. Sognano le fate  perché la loro mente le vede davvero. Sono esseri magici che poi, crescendo ed entrando nel triste ingranaggio del quotidiano, diventano come gli adulti: banalissimi individui dotati di una mente inscatolata. E così perdono tutto il loro fascino, le mille potenzialità, la luce....

Quando rivede il piccolo Arcibaldo, la Gatta pensa proprio a questo: quel piccoletto è un essere speciale. Sì, come tutti i bambini, ma forse…. anche qualcosina di più.
Probabilmente, non è capitato per caso nella sua vita e per questo deve essere tenuto d’occhio: sotto quella massa di riccioli, deve esserci qualcosa di particolare. Perché quell’esserino sta affermando che la dama del quadro, la cara nonna Ginevra…. racconta favole!
La Gatta guarda alternativamente Arcibaldo e la figura della nonna. Ormai non ci sono più dubbi: è proprio lei la dama del dipinto. Quel quadro sembra l’esatta copia di quello appeso nella sua mansarda: unica variante, il colore dell’abito. Quindi, due autoritratti…. e gli altri tre? A chi li avrà donati la nonna? Beh, sarebbe interessante sapere dove sono. Interessante certo, ma non essenziale ed indispensabile quanto capire ciò che sta dicendo il piccolo Arcibaldo.
“Quindi,  questa signora ti racconta delle favole? Tu la vedi proprio? Dove? Quando?” insiste la Gatta, in pericolosa oscillazione tra ragione-emozione.
“Sììììì! La vedo qui! Dopo la nanna, dopo il buio, dopo la notte!” e Arcibaldo allarga le braccia e poi posiziona i piccoli pugni sui fianchi, un po’ risentito perché evidentemente  la Gatta non gli crede.
Ovvio non credergli: si sa, i bambini sono dotati di una bella fantasia! Sanno costruire mondi in cui potersi rifugiare lontano da adulti noiosi,  scontati e  - spesso - anche un po’ aridi. Questo racconto di Arcibaldo deve essere sicuramente dettato dal suo desiderio di attenzione, di affetto: comprensibilissimo!
Però, però, però…. un pensiero veloce porta la Gatta verso ricordi recenti di nebbioline vaganti per casa, sveglie impazzite, pappagalli parlanti e quasi pensanti, spiriti, maghi e maledizioni: un bel pot-pourri, non c’è che dire.
Tutto è collegato (e Arcibaldo è solo la ciliegina sulla torta) oppure sono eventi isolati e comunque spiegabili?
“Ma sì!” pensa la Gatta “probabilmente sono assurdità che possono capitare ogni tanto nella quasi-normale esistenza di una brava ragazza!”
Rincuorata da tanta razionalità, controlla l’ora sul cellulare. E’ già mezzogiorno! La Gatta getta un ultimo sguardo al dipinto ed esce dal salone, seguita dal passo veloce e saltellante di Arcibaldo.
Si dirige quindi verso il locale da far resuscitare: la futura stanza dei giochi dell’erede dei Malasorte.
La Gatta si siede a terra, tra scatoloni semiaperti e ricolmi di giocattoli,  arredi coperti da bianche lenzuola anti-polvere, bauli di legno tarmato e chiusi da lucchetti arrugginiti. Incrocia le gambe in posizione yoga, come farebbe Dea. Arcibaldo la guarda attento e pensa che sia meglio imitare quella posa, probabilmente necessaria per fare qualche nuovo gioco. Si siede e tenta pure lui un incrocio delle gambette ossute, tipo fachiro indiano.
I due si osservano a vicenda per qualche secondo, in silenzio. Poi Arcibaldo chiede: ”A cosa giochiamo?”
“No…. non siamo qui per giocare. Tesorino, io devo lavorare. Devo aiutare il tuo papà a fare bella questa stanza per te. Mi vuoi aiutare? Possiamo comunque divertirci insieme....” dice la Gatta,  intenerita dalla domanda infantile di Arcibaldo e da quella faccetta pallida e levigata come una porcellana.
“Va bene….” e Arcibaldo improvvisamente, si avvicina a lei e le dà un bacio sulla guancia. Un segno di ringraziamento: finalmente anche lui ha una vera amica, qualcuno che lo farà ridere un po’. La Gatta si tocca la guancia, vergognandosi di aver pensato tante cattiverie su quell’esserino indifeso. E con il cuore ormai ridotto a budino di crème caramel, gli domanda:
“Ora che siamo amici, mi dici la verità sul quadro della nonna? La vedi davvero?”
“Sììììì….. – ora Arcibaldo, come un soldatino in guerra, tenta di assumere una posizione di dominio su quel colloquio – ti ho detto tuttoooo! La nonna lacconta le favole!”
“Ma come fa a raccontarti le favole? Da dove viene, da dove arriva?” insiste ancora la Gatta.
“Dal disegno del mulo” e Arcibaldo alza le spallucce come se parlasse di una cosa evidente e scontata.
“Cioè….  dal qua-dro?” balbetta la Gatta sgranando gli occhi come davanti ad un flash.
“Sì! Dal disegno!” e Arcibaldo, stanco e deluso perché non vede alcuna possibilità di divertimento in quello sterile dialogo, troppo banale e ripetitivo per i suoi gusti, esce dalla stanza in cerca della tata. Sì, è antipatica, ma a questi punti è l’unica alternativa che gli resta in quel palazzo così noioso e grigio: magari potrà architettare un bel dispetto contro di lei! Basta lavorare di fantasia….
La Gatta  rimane seduta a terra. Non pensa: la sua mente è bloccata sul secondo autoritratto della nonna. Come un automa, apre la borsa, tira fuori blocco e pennarelli. Ecco che sul foglio bianco appare pian piano il disegno della futura stanza di Arcibaldo: in quel prospetto, un’esplosione di azzurro….  come l’abito della nonna.
Trascorre il tempo e la Gatta, ora con le gambe distese, si guarda intorno: disegni sparsi ovunque sul pavimento. Sono ore che disegna. E sono ore che non mangia. Solo due caffè in corpo non aiutano certo a lavorare! Mangiare? Oh mamma! A cena deve incontrare il Duca! E’ tardissimo e anche di più! Una ragazza che ha un appuntamento a cena necessita di almeno due o tre ore di restauri doverosi. La Gatta raccoglie velocemente i disegni, si catapulta fuori dalla stanza e, non vedendo nessuno, corre veloce verso il portone. Nel cortile c’è il “corazziere”: quel simpaticone addetto alla gestione di ingressi ed uscite. Senza dire una parola, l’uomo apre una delle due antichissime ante: la Gatta esce, salutando con un semplice “buonasera”, mentre sente alle sue spalle il tonfo assordante del portone che si chiude. La civetta sullo stemma sembra sobbalzare. Fuori da quel luogo, le luci della città sorridono allegramente come lucciole nell’oscurità. Puntini sfavillanti sospesi  in un fondo cupo: quelli più luminosi le indicano la strada verso casa.

Arrivata nella mansarda, la Gatta fa una doverosa sosta sotto la doccia e, in accappatoio e asciugamano sulla testa - che sembra il turbante versione “povera” della Maga Circe - si piazza  davanti ai vestiti della cabina armadio.
“Bel problema!” pensa, pervasa da un acuto senso di smarrimento “Non ho niente da mettermi!”
Ecco: questa è la frase che nove donne su dieci dicono ogni giorno davanti al proprio armadio. Ma qui la Gatta ha leggermente ragione! Cosa può indossare una ragazza che deve cenare a suon di ostriche e champagne? Oltretutto…. è stata proprio lei a dettare il clima chicchissimo della serata. Fare dietrofront è impossibile e ci vuole qualcosa di veramente unico! E qual è il colore più elegante, più glamour, più chic? Il nero! Sì,  il nero è il colore amico di ogni donna, perfetto in ogni occasione: dal colloquio di lavoro alla spesa al supermarket, dalla fila alla posta alla serata romantica. Lode al nero, quindi.
La Gatta sfiora con le mani gli abiti neri  che le sembrano più adatti alla serata: trovato! Di seta, lungo  quel tanto che basta, lineare e dritto come un capello passato alla piastra. Piastra? Appunto: “Ora devo pensare anche a capelli, trucco e…. tutto il resto!” Le scarpe? Ovviamente, quelle con il tacco più alto.
Strano ma vero, la Gatta è pronta con ben cinque minuti di anticipo. E Il Duca arriva, neanche a dirlo, con cinque minuti di anticipo: scampanellata leggera al portone. La Gatta risponde con uno squillante  “scendo!”. Un ultimo sguardo allo specchio: si toglie un becco d’oca dai capelli, tampona l’eccesso di rossetto color sangue, fa una prova di sorriso-affascinante-ma-contenuto. Ed esce dal suo nido con una tachicardia in corso.
“Sono proprio stupida!” pensa, mentre scende le scale con un pericolosissimo tacco quattordici “Non sarò mica preoccupata per questa cena? L’unica cosa che devo temere è che…. non so come si aprono le ostriche!”
Il portone del palazzo si apre sulla piazza, sulla città, sulla notte. La luce debole dei lampioni illumina la figura di un uomo alto, accanto ad una moto. Una moto? Ah beh! Ma allora non è certo il Duca.
“Ciao Gatta!” saluta il ragazzo, mentre si allontana dalla due ruote imponente e le si avvicina fino a rendere evidente il suo aspetto. Certo, il ragazzo è notevole: lei non ricordava quegli occhi azzurri, quel passo da uomo che non deve chiedere mai, quelle spalle da nuotatore olimpionico.
“Ciaooo….” esordisce lei con un filino di voce. Ma, per la precisione, non teme “lui”, bensì…. quell’oggetto scomodissimo con due ruote, senza finestrini, né portiere! Come farà a salire con un abito incollato sul corpo, tacco da femme fatale e capelli piastrati, su una moto grande come un divano ed instabile come un ago su una corda?
“Scusami, carissimo, ma sei venuto con quella cosa?” azzarda lei, nella speranza di un vigoroso “no” come risposta. Magari era accanto a quel pachiderma d’acciaio solo per caso. Magari è arrivato con un qualsiasi normalissimo mezzo dotato di quattro ruote, parcheggiato a due passi.
“Bella moto, vero? L’ho comprata ieri e ho pensato di provarla stasera, proprio con te!” risponde  il Duca, orgoglioso e trionfante.
“Bella….. certo….” la Gatta è troppo educata per piazzare lì, in faccia al Duca, ciò che pensa di quella bellissima, fantastica, meravigliosa idea da maschio ottuso ed egoista. Quindi tace, salendo sull’odiata due ruote, in qualche modo: arrotolando un po’ il vestito lungo e stretto, posizionando le splendide scarpe da sera su due trabiccoli laterali, mettendo il casco sull’opera d’arte della sua capigliatura. E il rossetto messo con mano delicata e sapiente? Stendiamo un velo pietoso.
E mentre la moto sfreccia via sicura e imponente, lei pensa rassegnata: “Ha proprio ragione Dea! Quella ragazza ha capito tutto della vita! Gli uomini possono davvero essere indigesti. Per cui…. è meglio cuocerli a puntino e condirli a dovere!”