19. A VOLTE RITORNANO….
Malefici, anatemi, maledizioni: solo il pronunciare questi termini fa venire un po’ d’ansia. E ricevere una maledizione, ancor di più. Soprattutto se si tratta di una vera maledizione…. o presumibilmente vera. Soprattutto se la maledizione è espressa con modalità eclatanti, solenni. Soprattutto se la maledizione è scagliata da una sedicente Maga, di dubbia moralità, ma con fama certa e comprovata.
Cosa può fare, cosa può pensare il povero bersaglio di tale promessa nefasta? Può sentirsi solo come Atlante che sorregge il mondo: un bel peso sulle spalle, non c’è che dire!
Ed è proprio così che si sente la Gatta, dopo l’uscita plateale della Maga dalla mansarda e dalla sua vita. Meno male che la Regina Madre e le due amiche condividono con lei questo momento da film dell’occulto. Tipo: la notte dei morti viventi, non entrate in quella casa, demoniache presenze…. e simili.
Le quattro donne sono ferme, in piedi: sembrano bambole di cera. Nessuna riesce a focalizzare le parole idonee per realizzare un discorso sensato. Ma Dea ha sempre qualche guizzo in più nella sua fervida e produttiva testolina biondo oro. E dà il colpo di grazia.
”Gattina bella! Non ti preoccupare: le maledizioni vanno e vengono! Sono come gli amanti: oggi ci sono e domani spariscono! E poi…. che vuoi che sia avere qualche anima in casa: finalmente godrai di un po’ di compagnia! Magari ci giochi pure a briscola! Potrebbe essere divertente!” Dea sa sempre come definire per bene tutte le situazioni, anche le più critiche.
“Dea! Prova a fingere di essere una persona intelligente e sensata!” Luna scuote il capo, con animo incerto tra la rabbia e la rassegnazione di dover subire la costante presenza di una sorella così alternativa. Prova a tirarle i capelli, nel disperato tentativo di avviare un motore inceppato.
“Ahi! Non mi scompaginare la chioma! Sono stata due ore a passarmi la piastra! E comunque l’idea della briscola è carina. Al limite, se c’è solo uno spirito vagante, può sempre giocarci a scacchi!” Dea insiste.
“Ragazze! Non pensiamo più alle parole di quella matta della Cesira! E’ solo un pochino esaurita! E’ tutta colpa della sua ultima storia d’amore fallita, con uno sceicco ottantenne di Dubai che ha un allegro e nutrito esercito di mogli e concubine…. ” la Regina Madre chiama la medium con il suo vero nome, per declassarla dalla condizione di maga-fattucchiera “Non dobbiamo preoccuparci di assurde e false maledizioni! Continuiamo a non perdere di vista l’obiettivo della Gatta: contattare l’anima della nonna!”
“Già! Ma non credo che sia più possibile. Non so se la nonna mi ha davvero comunicato qualcosa tramite il pappagallo Galileo, ma stasera non sono più in grado di riflettere bene su questa folle situazione. Forse abbiamo sbagliato a fare la seduta spiritica. Aveva ragione il professor Astrolabio: non si scherza con le anime dei morti!” e la Gatta sospira.
“E chi ha scherzato? Noi eravamo serissime! Io, con grande impegno, ho anche smesso di parlare per almeno mezz’ora, andando contro la mia indole comunicativa. Credo sia la prima volta nella mia vita! E questa è una grave perdita per l’umanità!” Dea protesta.
“Il tuo silenzio è stato un momento indimenticabile ed emozionante: peccato non poter ripetere questa meravigliosa sensazione di pace. Nel caso, i nostri canali uditivi te ne sarebbero eternamente grati!” e Luna rilancia.
“Hai bevuto soda caustica? Perché sento esalazioni altamente inquinanti e corrosive! Forse è meglio aprire le finestre!” Dea non intende proprio terminare il battibecco.
“Basta ragazze! Non potete litigare sempre e comunque! La Gatta ha bisogno di riposo e tranquillità: quindi, ora la salutiamo e torniamo a casa. Voi due siete troppo su di giri!” così dicendo, la Regina Madre bacia la Gatta, afferra le mani delle figlie e le trascina via, per liberare la casa dalle loro incessanti discussioni.
Le tre donne si fermano sulla porta. Si girano di scatto e sorridono alla Gatta: lei sa bene che in quei sorrisi c’è la certezza di un affetto immenso. Ma in questo momento, forse un pacifico silenzio può aiutarla più di mille parole.
Ora la Gatta è sola. Sola con i suoi “perché”. E’ davvero stanca, ma non può fare a meno di ripensare a quella strana giornata, iniziata con il piccolo fan di Dracula e terminata con medium, papiri, pappagalli parlanti, maledizioni, proposte di briscole e scacchi con gli spiriti….
“Ma…. dico io…. siamo pazzi? C’è da rimetterci il cervello!” pensa la Gatta scuotendo la testa per cacciar via almeno il ricordo e il timore della maledizione. Però, mentre le altre cose sfumano, le frasi implacabili della Maga non intendono abbandonare la mente. E se ne stanno lì, senza un cenno di addio.
“Ma che valore può avere la maledizione di una falsa maga? Sempre che la maga sia falsa…. perché se fosse una maga vera, di quelle d.o.c., allora anche la maledizione sarebbe verissima…. Ma una che si fa chiamare Maga Circe può essere una vera maga?” la Gatta prova a ragionare, ma i pensieri si accavallano, si sovrappongono, si sbriciolano, come gli strati sottili e friabili di una millefoglie. Solo che qui, non c’è la ricompensa della crema. Rimane in bocca una sensazione amarognola, poco piacevole: sembra il sapore dell’olio di fegato di merluzzo.
“Caspita! Per tutti i gatti randagi! Ma sono le due di notte! Passate! E domani devo lavorare! Ora mi preparo e vado a nanna….” la Gatta si stira come un bravo felino e sbadiglia. Forse ha un po’ di fame, ma le basteranno due biscotti e un po’ di latte caldo, perché la stanchezza non le permetterebbe certo di cucinare un piatto decente (anche se due spaghetti la ispirerebbero molto….).
Seduta a quello stesso tavolo che Dea voleva devastare con una sega (e il tavolo adesso si sente molto più tranquillo), ora la Gatta si concentra solo su quella bella tazza di latte fumante, dove i biscotti galleggiano e poi affondano, come silenziose barchette di carta. Una tazzona con cartoons dipinti che le sorridono allegramente. Biscotti di pasta frolla con granella di zucchero. Il palato e la mente ringraziano.
“Cosa c’è di meglio al mondo dei biscotti inzuppati nel latte?” pensa la Gatta, mentre il suo subconscio le continua a proporre l’alternativa degli spaghetti “Vabbè…. Ora ne ho mangiati anche troppi…. Lavo per bene la tazza e vado a letto come una brava bambina….” dice a voce alta, mentre abbandona la tazza sporca nell’acquaio, tra mille sbadigli. La stanchezza vince sulle buone intenzioni.
Sotto il piumone, non fa in tempo a contare fino a una-due-tre-quattro pecorelle, che cade in un sonno profondo. Del resto, sono le tre di notte, meno dieci minuti. Appunto: dieci minuti di sonno profondo e poi …. tic tac…. tic tac…. Improvvisamente un suono di sveglia fortissimo, acuto, prepotente…. inonda la stanza. Adesso sono le tre. Le tre spaccate, precise, nette.
“Aiutooooo! Cosa c’è? Chi è? Dove sono?” urla la Gatta, accendendo la luce.
Il suono continua: un bel “drinnnnnn” da cento e più decibel che colpisce i timpani come una mitragliata durante un’incursione notturna in campo nemico.
La Gatta si gira di scatto verso quel preciso punto del pavimento dove lei per un anno ha sempre lasciato in bella vista il grande, enorme, ingombrante orologio-sveglia regalato da Luna e Dea: quello con lo gnomo antipatico che lei ha gettato nel bidone dell’immondizia, ben incartato. La Gatta guarda…. ma sembra non vedere, come se la sua mente rifiutasse quella realtà. Perché non è una realtà facilmente spiegabile. Perché non è una realtà facilmente accettabile. Perché non le sembra neppure realtà! Come può essere? No, no, no…. Lo gnomo dentro la sveglia, la sveglia intorno allo gnomo. Insomma: sono lì entrambi. La sveglia e lo gnomo sono sul pavimento. E non nel bidone dell’immondizia…. o alla discarica pubblica…. o in qualsiasi altro luogo a ciò deputato….
Con l’ultima, piccolissima, infinitesimale briciola di coraggio rimasta, la Gatta sposta la suoneria sull’off. La sua bocca è priva di salivazione, con i denti che battono come se avesse un febbrone da cavallo. I suoi occhi terrorizzati tentano di focalizzare per bene quell’aggeggio infernale.
Dopo qualche attimo di profondo e completo stato catatonico, decide di muoversi: si accuccia vicino alla sveglia. La fissa. Si avvicina con la testa, si allontana. Controlla il lato destro, poi quello sinistro. E’ proprio una gatta che fiuta il nemico.
Con la punta delle mani la sfiora: c’è davvero. Sente il freddo del metallo sui polpastrelli. Non è un sogno, non è un incubo. E’ la realtà. Quel marchingegno è proprio lì, sul pavimento: lo vede, ne sente la consistenza, ne ascolta il tic-tac. E lo gnomo se ne sta comodamente dentro, ben piazzato tra le ore, con il suo solito ghigno, il cappellaccio e la lunga barba bianca.
“Forse sono in un mondo parallelo….” ipotizza, tanto per darsi una minima spiegazione “forse la maledizione della Maga mi ha catapultato in un’altra dimensione….”
Ma la realtà delle cose deve riuscire a riprendere il suo giusto ruolo e valore. E’ necessario tornare con i piedi per terra. Ora, adesso, subito, immediatamente.
“No! Io sono qui, nella mia casa, viva e vegeta nel mondo reale! C’è una spiegazione logica per tutto! Questa dannata sveglia è qui perché…. perché…. perché….” Appunto. Perché?
A volte nella vita ci sono “perché” bui come la notte e profondi come un pozzo. Ed è dura quando questi “perché” rimangono sospesi nell’aria come palloncini, per poi volare via, lasciandoci a naso in su…. senza risposte.