La Gatta, una favola moderna .....

LA GATTA, UNA FAVOLA MODERNA


La Gatta vi dà il benvenuto....

La Gatta potrà essere la vostra amica virtuale nei giorni di pioggia, nei momenti di solitudine...

La Gatta proverà a farvi sorridere con le sue stranezze, con le sue piccole follie...


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Buona lettura :)



sabato 1 ottobre 2011

La Gatta © by Barbara Giorgi - 6 capitolo


6. TRA  SOGNO E  REALTA’


Sognare è un’attività della psiche a cui sarebbe impossibile rinunciare, anche  volendo. Freud insegna.
Ma probabilmente, nessun essere umano vorrebbe rinunciare al sogno, al rifugio segreto della nostra mente, a quello spazio indefinito di colori, luoghi, visi, ricordi o nuovi cortometraggi che viviamo nel silenzio della notte. Certo, non sempre i sogni sono belli… ma anche da quelli più inquietanti, i cosiddetti incubi, possiamo apprendere qualcosa in più di noi, della nostra parte celata.
La nostra amica ama sognare e al mattino ricorda sempre tutto quello che l’inconscio le ha somministrato, dettaglio per dettaglio: analizza e soppesa, come un’acerba seguace di Freud, dando un valore ed un significato simbolico ad ogni piccolo elemento. E’ come un gioco mattutino che l’aiuta a riprendere contatto con se stessa. Da fare tassativamente a letto, quando ancora dobbiamo focalizzare per bene che giorno è, che ora è (la sveglia la guardiamo dopo qualche secondo), cosa dobbiamo fare in giornata.
Anche stanotte la Gatta ha sognato: sequenze di colori e luci che accompagnavano una figura alta, snella ma imponente, con un lungo abito di seta bianco e una cascata di collane d’oro al collo. Il viso non si vedeva, ma lei ha potuto identificare la figura dall’acconciatura dei lunghi capelli bianchi: uno chignon alto ed elaborato, con ciocche cadenti lungo il viso. Non solo: abito e collane sono proprio quelli della bella signora del quadro appeso vicino alla porta di ingresso della mansarda. Un autoritratto. La donna del sogno era certamente Ginevra, nobile di casato e di cuore, grande artista (pittrice e scultrice) e nonna…   alternativa. Già, la nonna paterna della Gatta, ex proprietaria della mansarda, del fondo e del lampadario a gocce: “una nonna … come ce ne vorrebbero” pensa “ma di nonne così, non ne fanno più..”. Ma analizzare il sogno sulla nonna è abbastanza inutile: l’anziana signora le ha fatto una visitina perché lei sente la sua mancanza. Semplice, chiaro come una giornata di sole. Ma triste come le nuvole di un cielo grigio invernale. Oppure come il mare d’inverno, quando rabbrividisci solo a guardare l’acqua e la sabbia, al tatto,  è polvere di ghiaccio.
C’è un taglio nella sua corazza che lei non riesce a chiudere, a saldare. Un conto in sospeso con la vita: lei, gatto randagio senza genitori, ora è un gatto randagio senza neppure nonna Ginevra. “Ma no, lei c’è … in ogni cosa che mi circonda, in ogni cosa che faccio!”.
Certa e soddisfatta di questa affermazione rincuorante, riesce a mettere i piedi giù dal letto per dirigersi sbadigliando, ma senza indugio, verso la sua amata macchinetta del caffè espresso. Il caffè! Come potremmo vivere senza? E lasciato il pensiero della nonna per ovvi motivi di sopravvivenza, la Gatta si immerge in un’ode silenziosa ed intima alla polvere nera, annusandola lentamente, come per inalare poteri magici: “ o caffè, delizia degli dei e degli eroi, droga dei mortali, frutto di madre terra…”
Mentre beve l’amato liquido nero, ecco che, come un flash, rivede la scena del giorno prima, a quella medesima ora: la telefonata del tipo! “Accipicchia o…accidempolina - questi sono termini che uso per non ripetere le sue reali esclamazioni - devo prepararmi per quell’appuntamento! “
Crisi profonda di una ragazza per bene, ad un’ora indefinita del mattino: il vestito! Si precipita nella cabina-armadio (che poi è una stanza dipinta di nero-oro con aste porta abiti e mensole stracolme di scarpe). Come un generale che passa in rassegna le truppe, con occhio severo ed esperto, lei guarda, analizza, cataloga, elimina, sceglie in due minuti esatti. Scelta “impegnativa”: jeans e camicetta bianca. Un passe-par-tout, sentenzia convinta, senza possibilità di appelli. Però ora c’è il problema scarpa: ballerina, sportiva, con tacco… Mah… una ragazza può indossare qualsiasi cosa (o quasi) ad un primo appuntamento, ma la scarpa, tassativamente deve essere con tacco dodici (minimo). Perché l’uomo va guardato dritto negli occhi: lo sguardo abbassato da povera timida senza carattere non va bene. Ci vuole fierezza. Eh sì, anche questo è un principio di vita insegnato dalla nonna. ”Pupilla nella pupilla” le diceva la nonna, riferendosi alla regola-necessità di guardare sempre qualsiasi interlocutore, uomo o donna, dritto negli occhi. E aggiungeva:  “si abbassa lo sguardo solo se si ha qualcosa da nascondere oppure se si vuole attestare  la superiorità di qualcuno, come fa l’etologo quando incontra un gorilla…”. Eh già, la nonna sì che sapeva parlare: due lauree e qualche quintale di libri letti durante una vita brillante, in giro per il mondo.
Ma la Gatta torna alla supervisione delle shoes tacco dodici. Nere. No, beige. No, in camoscio color lilla, perfette con il colore chiaro dei jeans. Le ultime acquistate con i saldi. Fatto! Dopo un trucco veloce con mascara e lucidalabbra, via…. Si parte per il  braccio di ferro:   “Oh mamma! Se lo definisco già così… sarà proprio un bell’incontro”. Ma ormai,  è già nella quattroruote con farfalle, in volo verso il suo appuntamento.